Senza un attimo di tregua, Pachico ci trasporta da un thriller che sconfina nell'horror a un Bildungsroman in cui si sentono gli echi del "Giardino delle vergini suicide", da pagine in cui convivono sorprendentemente Easton Ellis e Cortázar ad altre in cui si avverte la presenza di Dick... Loris Tassi - Robinson di Repubblica
Erano “le più fortunate”, ma solo in apparenza. Erano ragazze di buona famiglia nate e cresciute in Colombia, e rovinate dalle colpe dei padri prima ancora di diventare adulte. A raccontare le loro storie è Julianne Pachico in un impeccabile romanzo corale. iziana Lo Porto - il Venerdì di Repubblica
Cosa sappiamo della Colombia? È un paese lontano che in noi evoca quasi solo l’immagine spaventosa quanto stereotipata dei narcos col mitra in mano. Gli undici episodi che compongono questo romanzo sono un viaggio nella sua storia recente, dal 1993 al 2013, raccontata con un taglio inedito, e cioè attraverso le vicende di un gruppo di ragazze privilegiate, figlie di diplomatici, politici e uomini d’affari, educate nelle scuole migliori e imbevute di cultura nordamericana. Saltando avanti e indietro nel tempo le seguiamo dall’infanzia alla maturità, conoscendo le loro domestiche e i loro professori, i loro compagni di giochi e i loro amanti, e vedendo dipanarsi tutto intorno un mondo contraddittorio fatto di ville faraoniche e guerriglia nella giungla, coniglietti da coccolare e sacchi di coca nascosti in garage, da cui non tutte usciranno vive.
Un esordio spettacolare e polifonico che ricama intorno all’impeccabile ritratto psicologico dei suoi personaggi l’affresco politico e sociale di un’intera società.
Siamo noi: Stephanie, la Flaca, Betsy, tutte noi insieme. Ce ne stiamo lì ferme a guardare, finché Mariela non si toglie la treccia di bocca e la lascia cadere.
«Si è fatta l'ora», dice mentre si allontana, lasciandoci a fare i conti con quella roba, con tutto, per il resto della nostra vita.