Le scimmie è il racconto più noto del messicano José Revueltas, basato sull’esperienza carceraria dell’autore, arrestato nel 1968 con l’accusa di essere istigatore ideologico dei movimenti studenteschi. Ambientato a Lecumberri, un terribile carcere di massima sicurezza, ne ricostruisce l’atmosfera claustrofobica grazie a una lingua incalzante e vorticosa, cruda e gergale. Nelle vicende dei tre detenuti, Albino, Polonio e il Coglione, impegnati nella folle impresa di farsi recapitare della droga direttamente in cella d’isolamento, si rispecchiano tutti gli orrori e le contraddizioni di un mondo capovolto, in cui i confini tra bene e male, tra sorveglianti e sorvegliati, sembrano confondersi e quasi dissolversi; un mondo in cui è lecito – e forse doveroso – chiedersi da quale parte delle sbarre stiano le vere «scimmie» in gabbia.
Leggi un estrattoLe scimmie se ne stavano lì imprigionate, sì proprio loro, scimmia e scimmione; o meglio, scimmione e scimmione, tutti e due, nella loro gabbia, non ancora disperati, non disperati del tutto, con il loro andare da un’estremità all’altra, detenuti eppure in movimento, imprigionati dalla scala zoologica come se qualcuno, gli altri, l’umanità, avesse impietosamente deciso di non occuparsi più del loro problema, del problema di essere ridotti a scimmie, di cui d’altra parte neanche loro volevano rendersi davvero conto, non sapevano o non volevano, nient’altro che scimmie, prigionieri da qualunque parte li si guardasse.
José Revueltas