Sono ragazzi e ragazze sfumati tra passato e presente, senza contorni definiti. Diversissimi eppure accomunati da uno stesso composto di sofferenza, disorientamento, estraneità. Tommaso Giagni - Avvenire
“Falsa guerra” è palpitante di vite e di concetti. Quello di patria. O di casa. Tiziana Lo Porto - Il Venerdì di Repubblica
Un attivista in fuga da un paesino di campagna, una famiglia in vacanza al mare, una coppia che si perde fra i corridoi del Louvre, un barbiere di periferia, uno scrittore in cerca di una storia. Gli uomini e le donne di questo romanzo sono naufraghi sulla terraferma incagliati in una zona di confine. Si muovono in una specie di limbo, nella perenne sospensione fra realtà e desiderio, passato e futuro, fra il paese che si sono lasciati alle spalle e quello in cui – nell’eterna speranza di una promessa, di un nuovo inizio o semplicemente di una tregua – hanno deciso di stabilirsi. Alcuni vogliono andarsene ma non ci riescono, altri se ne sono andati ma è come se non fossero mai partiti. Perché, in fin dei conti, cosa significa espatriare? Perdere un territorio o guadagnarne uno nuovo? Che si trovino ancora a Cuba, negli Stati Uniti, in Messico, in Francia o in Germania, i protagonisti sono come paralizzati sulla frontiera di un mondo a cui non appartengono del tutto.
Con una prosa visuale, simbolica, e uno stile incalzante, Carlos Manuel Álvarez dà forma a un mosaico di storie, un romanzo corale che racconta lo sradicamento, l’amicizia e la solidarietà con grande finezza ed empatia.
Leggi un estrattoSe tutti si lamentano tutto il tempo, chi ascolta? Ecco la grande domanda di quegli anni e degli anni precedenti e forse anche di questi. Chi ascolta? E la risposta era una sola e la conoscevamo. Nessuno.
Carlos Manuel Álvarez