Un capolavoro di ambiguità, un sofisticato gioco letterario sul tema del doppio, una stregonesca esercitazione sull’ambiguo confine che divide il genio e il folle, il falso e l’autentico, la luce e le tenebre. E nello stesso tempo la prova provata delle altissime qualità di un autore mai scontato, quasi sempre sorprendente, come Piglia. Giancarlo De Cataldo - Robinson di Repubblica
Storie in apparenza disparate dove però ritorna un senso di inquieta sospensione quasi sempre determinato da una distanza di qualche tipo, quella che separa la vita dalla morte o il presente dal passato o le parole dalle cose o il vero dal falso. Tommaso Pincio - Tuttolibri - La Stampa
Un viaggio notturno per raggiungere un padre in fin di vita; un vecchio pugile che si aggrappa a un ritaglio di giornale per rievocare gli antichi splendori; un uomo che tace invece di pronunciare le poche parole che potrebbero salvare la vita di un bambino; un amore che oscilla tra violenza e malinconia; carte perdute o forse rubate. Sono solo alcune delle indelebili scene di Falso nome, la raccolta di racconti in cui Piglia dà vita per la prima volta a una mescolanza di generi unica – dal poliziesco all’autobiografia allo scritto testimoniale – appropriandosi di suggestioni e influenze letterarie: dall’imperitura presenza di Borges, che troviamo fra le righe, alla prosa spigolosa ed espressionista di Roberto Arlt.
Proprio ad Arlt è dedicata la nouvelle che dà il titolo al volume: un omaggio all’enfant terrible delle lettere argentine e insieme un piccolo capolavoro di stile in cui l’eterno alter ego di Piglia, Emilio Renzi, si mette sulle tracce di un manoscritto perduto, e finzione e realtà si sovrappongono fino a diventare del tutto irriconoscibili.
In questa raccolta, che appare oggi per la prima volta in traduzione italiana, Ricardo Piglia fa quello che sa fare meglio: giocare con la realtà e la maschera, mostrandoci in ogni pagina la sua idea di letteratura.
Ho guardato l'orologio: erano le dodici. Mezzogiorno. È sempre troppo presto o troppo tardi per quello che uno vorrebbe fare.
Ricardo Piglia