Il giro del giorno in ottanta mondi
Con questo libro, la genialità anarchica di Cortázar spezza le frontiere fra i generi con un misto di humour e serietà, di poesia, gioco, politica e follia. Mario Vargas Llosa
Si può leggere dall’inizio, dalla fine o a testa in giù. Perché le parole servono a tappare i buchi. E laddove si aprono voragini c’è sempre un libro mondo come questo che ti può, nuovamente, parlare. Antonella Lattanzi - Tuttolibri - La Stampa
A cinquant’anni dall’uscita, torna in libreria uno dei classici cortazariani: Il giro del giorno in ottanta mondi. Il titolo del libro rimanda a Jules Verne, che Cortázar definisce scherzosamente il suo omonimo, e insieme dichiara le intenzioni dell’autore: «Un viaggio intorno al mondo, come quello di Phileas Fogg, ma senza muovermi dalla mia scrivania. Un libro pazzo, da fuori di testa, fatto di ritagli e avanzi, come un grande collage».
Ed è un vero e proprio viaggio quello che il lettore si trova a intraprendere: un viaggio attraverso un’epoca e un modo di intendere l’arte. Dai cronopios a Eugénie Grandet, da Jack lo Squartatore a Duchamp, dalla letteratura alla boxe al sempre amato jazz: infiniti sono gli spunti che l’autore raccoglie in questo volume, che si può leggere tutto d’un fiato o centellinare poco a poco. Con una freschezza e una spontaneità ancora intatte, Cortázar crea il suo primo libro-oggetto, in cui a racconti, articoli e poesie affianca vignette, illustrazioni e foto per sfatare, ancora una volta, il mito della letteratura come esercizio di serietà.
Questo giorno ha ottanta mondi, la cifra è indicativa ed è questa perché piaceva al mio omonimo, ma forse ieri erano cinque e questo pomeriggio centoventi, nessuno può sapere quanti mondi ci siano nel giorno di un cronopio o di un poeta.
Julio Cortázar