Il Museo degli sforzi inutili
Cristina Peri Rossi modella davanti ai nostri occhi piccole storie delicate, stranamente metafisiche. Leggerla è come guardare un esperto soffiatore di vetro al lavoro. J.M. Coetzee
Un insonne è tormentato da una pecora testarda che si rifiuta di saltare oltre il recinto; un uomo su una scala affollata della metropolitana dimentica se stava salendo o scendendo, scatenando il pandemonio; uno psicanalista chiama un paziente per raccontargli del nuovo amante di sua moglie; un atleta decide di smettere di correre a pochi passi dal record mondiale; un ragazzino sale su una corda da funambolo e, come il barone rampante, da quel giorno non scende più.
Nel Museo degli sforzi inutili la scrittrice uruguayana Cristina Peri Rossi esplora, con uno sguardo al tempo stesso lucido e poetico, le frustrazioni e le nevrosi di donne e uomini contemporanei – schiavi dei propri desideri repressi, di una routine alienante e costretti a vivere in città claustrofobiche –, distorcendo la realtà e portandone alla luce le più inattese conseguenze.
Trenta racconti, a volte brevissimi e fulminanti, in cui il registro passa dall’ironico allo spietato, dal riflessivo al drammatico, dal tenero al grottesco, che ci lasciano sopresi e affascinati a ogni pagina.
Cosa dobbiamo fare noi?, si dicevano, e più che una domanda sembrava un’affermazione. Cosa dobbiamo fare noi? disse il domatore di leoni al medico. Cosa dobbiamo fare noi?, disse l’impiegato di banca all’attrice. Cosa dobbiamo fare noi?, ripeté l’infermiera, rivolta a un trapezista.
«Non disperarci!», rispose l’oratore con gli occhi luccicanti.