È un libro costruito con una penna così delicata da sembrare perfettamente reale: un incrocio tra una distopia e un romanzo catastrofico che l’autrice uruguaiana immerge in un’ambientazione unica. Nadeesha Uyangoda - Internazionale
In una città portuale devastata da una peste misteriosa, una donna tenta di capire perché il suo mondo sta crollando. Un vento tossico avvelena le strade e costringe a chiudersi in casa o a fuggire, i supermercati si svuotano e la melma rosa prodotta con scarti animali è ormai l’unico alimento reperibile, ma c’è dell’altro: il collasso di tutti i suoi legami affettivi, l’incertezza, il peso dei ricordi. Mentre mette insieme i risparmi con l’idea di partire per il Brasile, la protagonista si muove fra la madre, a cui da sempre la lega un rapporto fortissimo ma conflittuale; Max, l’amore che non riesce a dimenticare, ora ricoverato dopo il contagio; e Mauro, il ragazzino di cui si prende cura, afflitto da una fame insaziabile. Partire equivale a salvarsi, eppure farlo senza di loro è impossibile.
Scritto prima della pandemia, con tratti da romanzo distopico, Melma rosa racconta oggi il nostro tempo con inquietante precisione e una scrittura cristallina e magnetica. Fernanda Trías ha la grande dote di trovare bellezza anche nel caos, grazie a una scrittura luminosa e immagini potenti: in questa storia mette a nudo la schizofrenia di una società sempre più simile alla nostra e la fragilità dei rapporti umani, l’unica cosa che conta quando si è sull’orlo dell’abisso.
Leggi un estrattoQuando leggiamo i libri di storia scordiamo spesso che qualcuno era lì. Qualcuno in carne e ossa: in questa storia quel qualcuno sono io.
Fernanda Trías