Respirazione artificiale
Il romanzo che, in piena dittatura, stravolse la letteratura argentina e diede all'autore la notorietà discreta e piena di rispetto che l'ha accompagnato fino alla sua scomparsa. Bruno Arpaia - Il Venerdì di Repubblica
Respirazione artificiale è uno dei pochi grandi capolavori pubblicati in Argentina durante gli anni della dittatura: un libro che Piglia costruisce come una potente metafora politica e metaletteraria; intricato come un poliziesco e appassionante quanto una storia familiare.
Marcelo Maggi è un oscuro professore di provincia dal passato alquanto torbido. In anni politicamente difficili sta scrivendo un libro scomodo: immaginando che potrà averne dei problemi, si mette in contatto con il nipote, Emilio Renzi, per consegnargli il suo archivio di documenti, ma la corrispondenza tra i due si interrompe senza un motivo. Renzi tenta quindi di scoprire che fine abbia fatto lo zio e, in una lunga notte d’attesa, incontra una serie di personaggi memorabili che lo aiutano a ricomporre il puzzle della vita e del lavoro di Maggi.
Con la sapienza di un Faulkner e un ritmo che ricorda Raymond Chandler, Piglia conduce il lettore in quella che il New York Times ha definito «un’esperienza intellettuale indimenticabile».
C'è una storia? Se una storia c'è, inizia tre anni fa. Nell'aprile del 1976, quando viene pubblicato il mio primo libro, lui mi manda una lettera. E con la lettera una fotografia in cui mi tiene in braccio: nudo, sto sorridendo, ho tre mesi e sembro una rana.
Ricardo Piglia