Questo feuilleton in cui compaiono amori infelici, inganni, crimini e vendette, oltre a far riflettere per la critica sottile alla società argentina, coinvolge, diverte e commuove. Loris Tassi - Robinson di Repubblica
Puig stende un velo di amara ironia su queste vite gonfie di illusioni e di amari disincanti. Paolo Mauri - Il Venerdì di Repubblica
Juan Carlos Etchepare è un uomo bellissimo. Intorno a questo dongiovanni di provincia, da tempo marchiato dalla tisi, si intrecciano le vicende di un universo femminile che frequenta i cinema, ascolta gli sceneggiati radiofonici e le canzonette alla moda nel tentativo di trovare quella stessa musica nella vita reale.
C’è Nené, la fidanzata tradita; Mabel, l’amante ricca e libertina; la vedova Di Carlo – pronta a rompere ogni convenzione sociale pur di stare accanto all’uomo che desidera; e Celina, la sorella di Juan Carlos, ormai considerata da tutti una zitella facile.
Pubblicato per la prima volta nel 1969 e qui riproposto nella traduzione di un grande ispanista come Angelo Morino, Una frase, un rigo appena è una rivisitazione letteraria del classico feuilleton; un romanzo in cui Manuel Puig fa quello che sa fare meglio: registrare frammenti di vita che tendono a passare inosservati – conversazioni private, album fotografici, verbali di polizia, lettere e diari –, raccontando la provincia argentina degli anni Trenta, con le sue ipocrisie e le sue contraddizioni, e regalandoci al tempo stesso una storia dal sapore universale.
A lui piacciono molto i drammi. A me non tanto, ci pensa già la vita, no?
Manuel Puig