Parliamo oggi di un fenomeno religioso che ha profonde radici in Messico con oltre 10 milioni di seguaci: il culto per la Santa Muerte. L’occasione è la pubblicazione del libro Santa Muerte Patrona dell’Umanità, di Fabrizio Lorusso, edito da Stampa Alternativa con prologo di Valerio Evangelisti. A seguire alcuni estratti. Per chi volesse approfondire, qui c’è una breve intervista all’autore, e qui il blog dell’autore e del libro.
Una Santa un po’ speciale
di Fabrizio Lorusso
Sto con la Santa da almeno vent’anni. Lei mi ha salvato due volte la vita e la devo ringraziare. Mio marito mi picchiava e maltrattava, un paio di volte ha rischiato di ammazzarmi, per fortuna ci siamo separati. Ho il mio altarino a casa e le mie bambine di 10, 12 e 15 anni sono devote come me. Di solito andiamo all’altare di Tepito o a quello della nostra zona, il quartiere di Iztapalapa.
Maria, 39 anni, casalinga e commerciante
La Santa non è cattiva, ma devi rispettarla. Se sai che sono una credente e mi tratti male, mi insulti e mi discrimini per questo, allora sono sicura che può essere pericolosa e vendicativa.
Anaid, 33 anni, prostituta
1. Mille nomi nella terra dei nessuno
I devoti chiamano la loro Santa in mille modi diversi, con diminutivi, vezzeggiativi e neologismi affettuosi per dimostrare la loro empatia verso la sua immagine ritenuta sacra e miracolosa. Anch’io ho scelto di usarne diversi, a seconda dell’argomento trattato e –perché no –dell’umore. I soprannomi più comuni sono La Señora (signora), la Doña, la Niña Blanca o Bonita (bambina bianca o carina), la Hermosa (bella), la Comadre, la Patrona, Santísima Muerte o Santita, la Flaca o Flaquita (magrolina, la “secca”), la Hermana Blanca (sorella bianca), Mi Amor, la Chiquita, la Jefa (il capo al femminile), la Madre o Matrona, Señora de Luz (signora di luce) o anche Señora de las sombras (signora delle tenebre) per incutere un certo timore reverenziale. Ogni giorno nasce un nomignolo nuovo, perciò la lista non sarà mai definitiva. Nella creazione di diminutivi e vezzeggiativi la variante messicana dello spagnolo non è seconda a nessun’altra, così come non lo sono le altre 56 lingue autoctone parlate in Messico che costantemente arricchiscono l’español mexicano.
L’esperienza quotidiana, corroborata dalle stime riportate dai mezzi di informazione, mostra ormai che due, cinque, o forse perfino dieci milioni di fedeli sono sparsi per il Messico, gli Stati Uniti, El Salvador, il Guatemala, l’Honduras, la Colombia, l’Argentina e perfino il Giappone. Tutti adorano l’immagine della Flaquita e invocano nelle loro preghiere la Santissima Muerte, una figura medievale scheletrica e macabra che viene arricchita nel cuore e nell’anima, nel culto e nell’immagine, da un mix fuggevole e postmoderno di tradizioni iconografiche e liturgiche d’origine messicana, africana, europea e precolombiana. C’è un’influenza contemporanea e perfino new age che convive con le pratiche più antiche e sotterranee.
La Morte santificata sembrava sparita dalla faccia dell’impero cattolico e del mondo chiamato civile. Non è così. Non lo è mai stato. La coppia divina degli aztechi, il re Mictlantecuhtli e la regina Mictecacíhuatl, è ritornata dall’inframundo, l’oltretomba, per divertirsi ancora un po’ con i posteri. Per questo, dal punto di vista delle Chiese e dei santi rivali, l’eterna paura della morte sembra impallidire di fronte alla percezione della perdita, lenta ma irrimediabile, del potere temporale e spirituale sulle anime, sui corpi, sulle credenze e le speranze del nostro pianeta.
L’istituzione che, almeno in Europa e in America, s’ergeva a padrona assoluta dei destini ultraterreni scivola giù in classifica nei sondaggi planetari. È logico che la Chiesa provi, dunque, a ricondurre a sé un gregge in pieno smarrimento. Tenta la reconquista della classe media sempre più secolare e autonoma, ma anche dei poveri e dei dimenticati, quella gente comune, spesso marginale, che soleva cedere alle promesse della fede nel Dio cristiano. Ma proprio questa gente, ormai, s’è trasformata in una nuova massa popolare globalizzata, fuori dalle categorie tradizionali della teoria e ribelle nella pratica, indefinita e frammentata. È una e sono centomila. È abbandonata al proprio destino e tragicamente individualista, nelle Americhe più che altrove. È in gran parte esclusa dalla società abbacinata dalla modernizzazione. Questi “nessuno” sono come tante piccole stelle impazzite e ubriache, con i loro santi del nuovo millennio sotto braccio oppure impressi sul petto e sull’anima. E più ce ne sono e più se ne fabbricano di nuovi, sempre più santi, amati e venerati, senza altro riconoscimento che non provenga dallo stesso popolo che li ha creati.
I “nessuno” rivolgono appelli a ogni santo del calendario perché sono persone di fede e buoni costumi, con tanta disperazione ma anche dignità. Sono precari per antonomasia e per discendenza, vivono la metropoli notte e giorno, stanno nel cuore del monstruo (il mostro, cioè Città del Messico), si confondono e si nascondono sotto la cappa tiepida e familiare del grigio smog, l’alleato più fedele della cenere del vulcano Popocatéptl. Il “Popo” domina da lontano la vista dai grattacieli della capitale messicana, è il gran gigante di lava che ogni tanto, aiutato da un vento malizioso, ricopre di pece gassosa e polvere i venticinque milioni di chilangos, come vengono chiamati gli abitanti della capitale dai polmoni plumbei e inceneriti. Sotto le nubi cariche di nero seppia, poco prima della tempesta quotidiana di clacson e piogge torrenziali, il fumo fosco della crisi globale diventa un’esperienza ciclica, annuale, quasi fosse un capriccio meteorologico, puntuale come la stagione degli uragani. In queste condizioni ormai ognuno crede in quello che vuole. Soprattutto nella morte che, quando si manifesta con violenza assieme al rischio e all’incertezza, riemerge nei cuori delle persone che vogliono corteggiarla e scongiurarla inneggiando alla sua santità. In fondo Lei è l’unica certezza della vita e, nella costante lotta contro il caos della urbis terribilis, ci è sempre al fianco con la falce sguainata per tranciare di netto, una volta per tutte, i nodi della nostra insicura esistenza.
Molti di quei “nessuno” fagocitati dalla città più grande del mondo sono ancora alla mercé delle promesse, labili ma luccicanti, di una modernità attesa però mai arrivata. Le loro anime sono in balia dell’avanzata pentecostale e delle sette S.p.A., alcune delle quali possiedono la casa madre in qualche Nord del mondo e a volte sono patrocinate da un ex VIP in cerca di un motivo per resuscitare. Dal Messico al Centro America si moltiplicano miracolosamente i mercanti della fede che promettono di far uscire l’umanità dal dolore. Para de sufrir, smetti di soffrire! Adesso, subito.
Tuttavia, chi è stato troppo a lungo ai margini ed estraneo rispetto al resto della società, chi è emigrato ed è tornato dagli Usa, chi è stato in prigione, chi ha cambiato sesso, chi delinque, si droga o cerca di smettere, chi è considerato diverso, povero o non integrato, ebbene tutti loro, gli apocalittici, trovano nella Santa con la falce una fedele compagna. Lei li aiuta a emanciparsi dall’influenza millenaria delle gerarchie ecclesiastiche di ogni confessione, senza rinunciare alla fede come spinta umana e personale ad andare avanti. La seguono anche a costo di stare fuori dalle regole, pur di ritagliare per loro stessi e i loro santi un margine nuovo d’autonomia e di libertà. La Santa Muerte tra questi santi è la più possente.
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