Il 21 aprile 1977 Héctor Germán Oesterheld veniva sequestrato a La Plata, in Argentina, da uno squadrone della morte al servizio della dittatura militare. Di lui non si è più saputo nulla, così come delle sue quattro figlie. Se il suo nome non vi dicesse niente, significa che non siete appassionati di fumetti (o forse, più semplicemente, che non avete memoria per i nomi). Oesterheld è l’autore (fra l’altro), insieme al disegnatore Solano López, dell’«Eternauta», la saga fantascientifica a fumetti pubblicata settimanalmente dal 1957 che è sicuramente fra le più belle e innovative a livello mondiale. 001 Edizioni l’ha ripubblicata in una nuova edizione che ripristina l’originaria scansione orizzontale, un volume di quasi 400 pagine che si avvale anche di un’introduzione di Goffredo Fofi e di un ricco apparato di note critiche. Della saga dell’«Eternauta» e del suo autore ci parla Loris Tassi in una nota che è già comparsa sulla rivista online «Quaderni d’altri tempi». Ringraziamo l’autore e la testata.
di Loris Tassi
L’avventura si trova in un libro insigne;
cioè, in un libro la cui materia
può essere tutto per tutti
(I Corinzi, 9, 22), poiché è capace
di quasi inesauribili ripetizioni,
versioni, perversioni.
Jorge Luis Borges
Biografia di Tadeo Isidoro Cruz, Aleph
Dinanzi a uno sceneggiatore di fumetti di mezza età, al lavoro alla sua scrivania “nell’ora del lupo”, si materializza un uomo misterioso proveniente da un luogo imprecisato, Juan Salvo, l’Eternauta, ovvero “il navigatore del tempo, il viaggiatore dell’eternità”. Salvo racconta, a un ascoltatore sempre più costernato, di un’invasione aliena e della resistenza di un manipolo di disperati, sfuggito prima a una nevicata mortale che ha ucciso quasi tutti gli abitanti di Buenos Aires e in lotta poi contro mostri e uomini robot comandati dagli intelligentissimi “manos”, costretti a loro volta ad attaccare la Terra dai veri nemici, i “Loro”, invisibili per tutta la durata della storia.
Questa, in sintesi, la trama de L’Eternauta, capolavoro del fumetto mondiale che finalmente può vantare anche in Italia un’edizione critica all’altezza della sua fama. Scritto da Héctor Germán Oesterheld (nato nel 1919 e desaparecido nel 1977) e disegnato da Francisco Solano López (1928-2011) il fumetto viene pubblicato, tra il 1957 e il 1959, al ritmo di tre, quattro, massimo sette tavole a settimana, sulla rivista Hora Cero Semanal, presso la casa editrice Frontera fondata dallo sceneggiatore assieme a suo fratello. Da subito è evidente la straordinaria novità della creazione dell’autore di Sergente Kirk ed Ernie Pike.
Prima di Oesterheld l’Argentina sembrava relegata a un ruolo marginale nella historieta (e nella Historia), destinata a essere lo scenario di azioni che venivano “pensate” altrove. L’avventura era prerogativa solo di alcuni popoli e di certe categorie sociali (poliziotti o esercito, per esempio). Era inconcepibile un fumetto di avventura argentino, così come era impensabile che in un prodotto d’evasione si affrontassero questioni metafisiche, politiche o etiche. L’Eternauta fa tabula rasa di tutti questi pregiudizi. Innanzitutto Oesterheld si propone di mostrare, come sottolinea Juan Sasturain, che l’avventura può trovare domicilio ovunque: ecco perché l’invasione ha luogo a Buenos Aires.
L’attacco alieno poi non avviene in un lontano futuro, ma nel presente. Tale scelta contribuisce alla credibilità dei personaggi. Juan Salvo non appartiene all’esercito o alla polizia, non è un eroe di professione, un lupo solitario, un affascinante rubacuori, uno scienziato geniale; è solo un piccolo industriale desideroso di ricongiungersi al più presto con la moglie e la figlia. Come diversi personaggi di Alfred Hitchcock, Salvo è un uomo comune che si trova proiettato all’improvviso in un incubo eccitante. Per dirla alla Joseph Conrad, Salvo è uno di noi. Più facile, pertanto, che il lettore si possa identificare con un eroe così poco eroico. Tutto ciò rientra nell’originale concezione che Oesterheld ha dell’avventura. “L’avventura”, sostiene Sasturain, “non è solo un eccitante avvenimento, ma un cambiamento di vita. L’incontro – e la scelta – di un significato. In questa sorta di mitologia dell’avventura, il punto non è la peripezia più o meno complessa e stravagante, come per il grosso dei fumetti di quel periodo o del momento attuale, quanto l’esperienza limite, luogo d’interrogativi e adesioni, l’incontro dell’uomo con se stesso. Come il personaggio di Borges in El Sur, come Cruz prima di Fierro, l’uomo comune intuisce l’incrocio col destino e fa la sua scelta”. Sempre Sasturain afferma che l’eroe di Oesterheld non esiste prima dell’avventura, anzi è il suo cimentarsi nell’avventura che lo rende tale. Oesterheld, in pratica, sposta l’attenzione dall’essenza all’esistenza. I suoi eroi non sono tali dalla nascita e non presentano mai una natura superiore a quella degli altri uomini. Diventano eroi agendo, e tuttavia si pongono costantemente interrogativi sul loro operato. Tanto il sergente Kirk del 1952 quanto lo sceneggiatore de L’Eternauta II del 1976, che ha non solo il volto ma anche il nome di Oesterheld, sono uomini dubbiosi.
Inoltre, l’avventura riguarda una collettività e non solo il singolo come nel modello statunitense imperante allora (come oggi). Immaginiamo un Moby Dick senza Achab, con l’equipaggio come preda e la balena nei panni (si fa per dire) del cacciatore. E più che il coraggio o la forza, vengono esaltati l’astuzia o l’abilità manuale ma soprattutto valori come la libertà, la giustizia, la dignità umana, l’amicizia. Ci troviamo davanti a un testo che, oltre a essere una grande invenzione poetica, è anche una proposta etica, come dice Alberto Manguel a proposito dell’opera di Robert Louis Stevenson. Come in Sherlock Time e poi soprattutto in Mort Cinder, Oesterheld concede un enorme spazio agli amici del protagonista. È solo grazie al coraggio e all’astuzia dell’operaio Franco e al sapere del professore di fisica Favalli che la resistenza (parola chiave in Oesterheld) continua.
Eppure l’avventura non è tutto: sovente i personaggi si confrontano tra di loro e ricordano il passato prima della catastrofe. E le riflessioni e i dialoghi non sono meno importanti delle azioni. Come afferma Claire Latxague, buona parte dell’originalità di questa historieta dipende dal fatto che tutta l’attenzione dello scrittore è rivolta alle relazioni che gli uomini stabiliscono tra di loro. E con i “manos”, verrebbe da aggiungere. Per quanto possa sembrare strano, le morti più penose in una storia che lascia ben poche speranze al genere umano sono proprio quelle dei nemici provenienti da un altro pianeta.
Ci sarebbero molti altri aspetti da sottolineare in un testo che accoglie fantastico e quotidiano e rielabora con sapienza Emilio Salgari e George H. Wells, Stevenson e 1984, il Robinson di Daniel Defoe e Albert Camus, L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel e la sociologia contemporanea. Ma riteniamo sia soprattutto l’atteggiamento di Oesterheld nei confronti della scrittura a rivelarne l’originalità. In Formas breves Ricardo Piglia, parlando di Leopoldo Marechal, autore di Adán Buenosayres, ne sottolinea l’“ambizione eccessiva come ricorso difensivo” e l’“obbligo a essere geniale come risposta a un luogo inferiore e a una posizione marginale”. Argentina, fumetti, fantascienza: a partire da elementi che rimandano a una posizione marginale in ambito economico, tecnologico, storico e culturale, Oesterheld si è dimostrato capace non solo di rompere con il modello anglosassone ma anche di abolire i confini tra historieta e letteratura, come sostiene Latxague. È riuscito, in pratica, a rivoluzionare il fumetto dando voce alle esperienze degli argentini e mostrando le grandi potenzialità insite in un “prodotto d’evasione” nel cui interno, come afferma Oesterheld in un’intervista riportata in Trillo e Saccomanno, “si celano territori che ancora rimangono in gran parte inesplorati”.
Oesterheld è partito da uno dei topoi più ricorrenti della fantascienza, l’invasione aliena, e lo ha affrontato in maniera borgesiana. In Lo scrittore argentino e la tradizione, saggio che prefigura e nega “l’angoscia dell’influenza” di Harold Bloom, Jorge Luis Borges invita i suoi colleghi a comportarsi senza timori reverenziali nei confronti della cultura occidentale, ma con la stessa irriverente libertà con cui gli ebrei hanno arricchito il pensiero dell’occidente o scrittori irlandesi come Shaw e Swift hanno rinnovato la letteratura inglese, senza rinnegare le proprie origini. E conclude il proprio ragionamento: “Possiamo adoperare tutti i temi europei, adoperarli senza superstizioni, con un’irriverenza che può avere, e ha già, conseguenze fortunate”.
È quanto ha fatto Oesterheld.
Condividi