In questi giorni la redazione si è sparpagliata nelle case di tutti noi: ecco allora i dispacci dalle sedi distaccate di SUR, che mai come adesso si sente una CASA editrice. Oggi scrive Chiara Gualandrini, redattrice.
In questi giorni mi sembra di riuscire a lavorare ovunque meno che alla mia scrivania. Rispondo alle mail senza nemmeno alzarmi dal letto, sistemo le cose rimaste in sospeso direttamente dal divano, e proprio ora sto scrivendo questa newsletter sul tavolo da pranzo.
Come spesso capita, mi lascio trasportare dai rumori del vicinato che filtrano attraverso le pareti sottili, o dal chiacchiericcio della strada che si insinua dalla finestra dischiusa, e mentre mi perdo fra i discorsi e i rumori confortanti del quartiere non posso fare a meno di ritornare alle opere di Manuel Puig: alle sue storie fatte di pettegolezzi e dialoghi riportati, monologhi interiori e non detti, articoli di giornale e pagine di diario.
Manuel Puig scriveva in cucina, mentre guardava la televisione e chiacchierava con sua madre. Improbabile finché si vuole, questa osservazione insinuata da uno scrittore dopo la sua morte, nel 1990, suona più che verosimile. […] Questo tranquillo quadretto domestico non è il rituale che dà luogo alla narrazione: è la singolare forma di vita capace di inventare una letteratura.
Dalla prefazione di Alan Pauls al Bacio della donna ragno, traduzione di Maria Nicola
Queste sono le parole con cui lo scrittore argentino Alan Pauls ricorda il grande outsider della letteratura latinoamericana, uno scrittore che cronologicamente potrebbe essere ascritto al grande Boom, ma che dai suoi autori e dalle loro tematiche non potrebbe essere più distante.
Si sono dette molte cose su questo «alieno venuto dal pop che sconvolse il Sudamerica» – invertito, superficiale, ingenuo, eccessivo – ma per me rimane e rimarrà sempre lo scrittore che è riuscito a rendere glamour le massaie, le signorotte di provincia, i dongiovanni di paese e i cuori solitari alla disperata ricerca d’amore.
Nei romanzi di Puig si respira la vita in tutte le sue forme: che ci racconti del rapporto fra due carcerati nell’Argentina sconvolta dalla dittatura, della passione non corrisposta di una scultrice per un perverso critico d’arte, di madri che fantasticano ascoltando i radiodrammi o della passione per il cinema di un bambino che non possiamo fare a meno di immaginarci come il suo alter ego, questo universo letterario – a tratti estremamente kitsch – non smette mai di sembrarci incredibilmente reale, anche a più di quarant’anni di distanza.
È così, si ama follemente o non si ama, e lui si rende conto su quel molo illuminato da torce di sego sudicio che non è mai riuscito a farsi amare pazzamente da lei, amare pazzamente significa perdere la testa e fare qualsiasi cosa pur di rimanere accanto alla persona amata. Le torce si riflettono nell’acqua del fiume, che scorre nero, carico di limo, e trascina via la nave che si allontana lentamente: Johann rimane sul molo, non riesce a fare altro. Anche un morto che cade fulminato da un proiettile non riesce a fare altro.
Manuel Puig, Il tradimento di Rita Hayworth, traduzione di Angelo Morino
Mi è capitato di riprendere in mano alcuni dei suoi romanzi (penso a Una frase un rigo appena, al Bacio della donna ragno o al Tradimento di Rita Hayworth o a The Buenos Aires Affair) anche tre volte e a ogni nuova lettura sono rimasta piacevolmente stupita dalle diverse sfumature che non ero riuscita a cogliere nelle occasioni precedenti, dall’essenza di vita che trasuda dalla pagina e dalla complessità stilistica che nasconde ogni singolo titolo.
Riflettendoci, forse è proprio questo il regalo più grande che mi ha fatto Manuel Puig: un eterno stupore, quella sensazione di trovarsi ogni volta di fronte a qualcosa di inaspettato e completamente nuovo.
Spero che aprendo uno dei suoi libri possiate trovare anche voi lo stesso mondo scintillante e umanissimo che continuo a trovarci io. E di questi tempi, credo ce ne sia un gran bisogno.
A presto, e come sempre buone letture,
Chiara
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