Presentiamo la libera traduzione di Fabrizio Gabrielli – ringraziando l’autore e la rivista Prospektiva, che lo ha pubblicato di recente – di un breve testo dello scrittore uruguayano Horacio Quiroga (1878-1937), unanimemente considerato uno dei maestri del racconto in lingua spagnola, ma inspiegabilmente introvabile in italiano da almeno vent’anni.
A voler usare il potere delle immagini scopriamo che ‘il mercato’, nella sua definizione più tecnica ma anche più originaria, porta in sé situazioni e linguaggi che molto hanno in comune con il gesto dello scrittore.
Federica Manzon, Il mercato letterario non è il diavolo, Nuovi Argomenti n. 49
Non sarai mai nessuno. Piangi, grida, stringi la testa con le mani, spera, dispèrati, rimettiti al lavoro, spingi pure il tuo masso. Non sarai mai nessuno.
Jules Renard
La borsa valori della letteratura
di Horacio Quiroga
Da molto tempo a questa parte si ragiona sull’utilità che l’istituzione di una Borsa Valori della Letteratura avrebbe per le belle lettere. Persone ben informate ci assicurano che è cosa prossima a venire. Non possiamo che rallegrarci di tale avvenimento, che darà principio a una nuova era nel nostro amato mondo dell’arte.
La crescente necessità, in effetti, di giornali, riviste e case editrici; le ancor più crescenti istanze dei nostri scrittori; le vecchie e ineludibili leggi della domanda e dell’offerta ne propiziano l’urgente istituzione, i cui vantaggi saltano agli occhi financo dei più ciechi.
È risaputo quanto dure e scabrose, lente, difficili e piene di reticenza siano le relazioni tra direttori di riviste e uomini di lettere appena si tocca il tema della retribuzione, come viene chiamata da qualcuno, o semplicemente pagamento, come dicono altri.
La Borsa Valori della Letteratura, al centro della nostra attenzione, sopprimerà questo o quell’inconveniente provocato dal mercato attuale.
Mercato… Parliamone. C’è, in effetti, in queste transazioni artistiche un aspetto povero e volgare, di permuta.
Rose in cambio di denaro… Poesie in cambio di spregevoli banconote… Che orrore! Certi scrittori, è vero – molto pochi – godono nella vita di tutti i giorni di tali privilegi tanto da ignorare queste puerili necessità. La torre d’avorio non è un mito, sebbene il materiale con cui è edificata la torre possa cambiare di caso in caso…
Però, per il resto degli uomini di lettere, quelli che si fanno generalmente rientrare nella categoria generica di collaboratori, la parola mercato non offre molte sorprese oltre le prime illusioni d’avorio, facili a svanire.
Chiarito quindi il nostro pensiero, proponiamo agli scrittori di tutto il paese la creazione di un mercato ufficiale della letteratura, obbedendo ai seguenti dettami:
1° Si proceda alla creazione della Borsa Valori della Letteratura, con l’obiettivo di facilitare la collocazione dei prodotti artistici in vendita;
2° La Borsa sarà l’unico mercato letterario che quoterà in esclusiva articoli poetici e prosaici frutto del genio nazionale; ed è a questa che editori e direttori dovranno fare riferimento per acquisire i diritti di pubblicazione e inserzione.
3° La Borsa quoterà i Valori una volta a settimana.
Saltano subito agli occhi gli incalcolabili vantaggi di un siffatto sistema. Non ci saranno più collaboratori presuntuosi né direttori bonaccioni. Le redazioni si svuoteranno, e gli uomini di lettere non si vedranno costretti a sorridere, se non quando meditano temi umoristici.
Ogni autore darà un prezzo, il giorno delle quotazioni, un valore esatto ai suoi lavori; ciò gli procurerà godimenti impensabili.
Potrà contemplare, dalla sua poltrona riservata, l’arcigno cipiglio di direttori di riviste che si disputeranno i suoi poemi a colpi di banconote, con l’inferno nell’anima. Godrà del divino appagamento di veder deprezzati, o sull’orlo della bancarotta, i valori dello scrittore rivale.
Per la prima volta in vita sua arriverà a casa della fidanzata col mento alto e il petto in fuori, dove con voce emozionata leggerà le quotazioni letterarie sul quotidiano: “Valore X – Prima quotazione, fino alle 16.45: cinquanta euro a poesia. Seconda quotazione: centosettantacinque euro”.
Delizie come queste, poche se ne conoscono.
Le quotazioni avranno luogo, come già detto, una volta a settimana. Potranno esserci, ovviamente, commissionari che proclameranno il valore dei loro titoli preferiti, o altri che compreranno su commissione delle imprese. E tutto con le voci inalberate o argentine tipiche dei mercati, anche quelli di minor pregio. Però saranno soprattutto gli scrittori animosi – quasi tutti, quindi – quelli che proclameranno con più veemenza i loro lavori, direttamente, con scambi di questo tipo:
– Vendo “Borges”! (supponiamo) Borges, ultima poesia!
– Quanto?
– Trecento euro.
– La compro.
La domanda di certi valori supererà la relativa offerta. Alcuni romanzi brevi si venderanno a prezzi due o tre volte superiori rispetto all’offerta di partenza; per altre opere non ci sarà nessuno disposto a dare neppure cinque euro. Queste altalenanze costituiranno, com’è facile comprendere, la delizia degli scrittori.
Dal momento che le opere letterarie saranno quasi sempre vendute direttamente dagli autori stessi, non si può non riconoscere la trascendenza e la sciccosità di tali quotazioni, che fisseranno dunque il valore, e conseguentemente la rendita cerebrale, dei nostri uomini di lettere.
L’ingresso alla Borsa sarà libero.
Potranno assistervi anche i profani, così come le madri e le sorelline degli scrittori, per le quali verranno riservati posti speciali.
Si potrebbe alla stessa maniera organizzare dei Mercati a Termine, concepiti solo per romanzieri da prestazioni lunghe, che prendano in considerazione “opere in preparazione”.
Gli autori, con la voce aggressiva tipica di queste situazioni, grideranno:
– Romanzo, vendo! Da consegnarsi in ottobre!
– Titolo?
– Non ce l’ha ancora!
– Pagine?
– Trecentonovanta.
E poi ci saranno i crack letterari.
I crack letterari avranno luogo quando i valori di un romanziere, o di un poeta crolleranno senza alcuna prevedibile causa. Non stiamo a raccontarvi i casi di crack letterario di autori che abbiano venduto magnificandole le loro dieci o dodici opere in preparazione. Né quegli altri tipi di crack, all’evenienza contagiosi, che avvengono quando un autore è accusato di plagio.
Il crack al quale alludiamo, quello eminentemente letterario, si produce quando un autore in ribasso compra in sordina i propri valori con l’intento di farne lievitare le quotazioni.
Si ha una chiara panoramica degli effetti dando una sfogliata alle quotazioni del giorno:
“Valore X. Fino alla prima quotazione di ieri: 27 euro e 90 centesimi a racconto. Prima quotazione di oggi: 200 euro. Ultima quotazione: 450 euro!”.
Di fronte alla tremenda angustia di vedere l’impresa rivale acquisire i valori X, gli editori comprano. Comprano quanti più racconti dell’autore in causa vengano lanciati sul mercato. Evitato il panico, danno un gran sospiro di sollievo.
Ma il panico assume un altro nome quando i famosi racconti poi appaiono, nudi e crudi, sulla carta stampata, brillanti delle loro alte quotazioni. Che dio li perdoni: sono gli stessi che si vendevano, prima, a ventisette euro e novanta…
Le conseguenze, allora, saranno facilmente prevedibili.
Per mesi e mesi, ogni volta che un autore – il più serio, rispettato e rispettabile dei nostri scrittori – offrirà una sua poesia, un racconto, un romanzo, gli editori, altrettanto seriosi, risponderanno, fissandolo: ventisette euro e novanta, non un centesimo di più.
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