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Juan José Arreola nelle parole di César Aira

César Aira Autori, Juan José Arreola, Ritratti, SUR

In attesa dell’uscita di Bestiario di Juan José Arreola, di cui abbiamo già parlato qui, vi presentiamo l’autore messicano con il profilo che ne traccia César Aira nel suo Diccionario de autores latinoamericanos.
Qui tutte le voci del 
Diccionario che abbiamo tradotto.

di César Aira
traduzione di Raul Schenardi

Nacque nel 1918 a Ciudad Guzmán, Stato di Jalisco, Messico [morì a Guadalajara nel 2001, dopo la pubblicazione del Diccionario de autores latinoamericanos di Aira; ndt]. Non fece studi regolari. In gioventù visse a Guadalajara e a Città del Messico, esercitando mestieri modesti e dedicandosi al teatro, che era la sua passione più grande, e studiò con Rodolfo Usigli e Xavier Villaurrutia, ma già allora scrisse alcuni racconti (nel 1943 pubblicò uno di quelli che avrebbero formato il suo primo libro, Hizo el bien mientras vivió, su una rivista di Guadalajara). Nel 1945 si recò in Francia per studiare teatro, con il patrocinio di Louis Jouvet, che aveva conosciuto a Guadalajara. La permanenza in Francia fu breve. Al suo ritorno cominciò a lavorare presso la casa editrice Fondo de Cultura Económica, dove la correzione delle bozze completò la sua formazione umanistica, e la redazione delle quarte di copertina gli insegnò la concisione, che sarebbe diventata una delle caratteristiche salienti del suo stile. In seguito fu conduttore televisivo e tenne un laboratorio di scrittura e una rivista con lo stesso nome, Mester, dove passarono molti nuovi scrittori messicani, così come nelle collane che diresse: Los Presentes, Cuadernos del Unicornio e altre. Tutti hanno sottolineato la sua intelligente ed entusiastica promozione delle giovani vocazioni. Quanto alla sua opera personale, Arreola fu fondamentalmente uno scrittore di racconti, con un profilo molto singolare. Più che racconti, le sue sono «invenzioni», come le ha chiamate lui stesso, e meritano questo nome. Le ha raccolte in Varia invención (1949), Confabulario (1952), poi un’unica edizione rivedute delle due, con nuovi racconti, fra cui uno dei più perfetti e inquietanti che abbia scritto, La mujer amaestrada. Poi è stata la volta di La hora de todos (1954), Punta de plata (1958), Bestiario (1959), e Confabulario total (1962), che amplia la precedente edizione. Palíndroma è del 1971, e Confabulario personal del 1980. La Feria (1963) è un eccellente e divertente romanzo (l’unico che scrisse) del genere «studio di un paese del profondo Messico», un romanzo collettivo e plurale, privo di un centro, quasi un insieme di vignette che formano serie tematiche o seguono un personaggio, oppure restano isolate; l’asse tematico è la festa con cui si celebra San José, patrono del paese (che non è altro che Zapotlán el Grande, nome del luogo di nascita dell’autore); la festa viene sabotata e fallisce miseramente nell’ultima pagina, il che costituisce un’ulteriore ironia della sociologia umoristica di Arreola.

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