Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Electric Literature e viene qui riprodotto per gentile concessione dell’autrice.
di Carrie Mullins
traduzione di Daniela Di Lorenzo
La letteratura pullula di cattive madri. Questa lista di donne manipolatrici, violente, egoiste e spesso davvero spietate offre un inventario impressionante dei vari e originali modi in cui una singola persona può rovinare un bambino. Perché quest’ossessione per le pessime madri? Storicamente sono state le donne a prendersi cura dei figli. Sono sempre state le interazioni quotidiane con mamma, non con papà, a plasmare il bambino, nel bene e nel male. Aggiungiamoci il legame fisico della gravidanza e l’idea che una cattiva madre sia una snaturata mentre molti cattivi padri se la cavano tutt’al più con l’accusa relativamente lieve di essere degli idioti.
Malgrado l’irritante squilibrio di genere, da questo fenomeno nascono letture splendide. Alcune madri sono rompiscatole prepotenti e insopportabili. Altre sono egocentriche o deliranti e quasi non si accorgono dei propri figli. Sono donne che hanno spesso una storia triste alle spalle. Anelli di una catena di disfunzioni dai quali, come per il proverbiale incidente d’auto, non si riesce a staccare lo sguardo. In ogni caso, queste cattive madri permettono alla letteratura di fare ciò che le riesce meglio: indagare sui modi in cui gli esseri umani influiscono l’uno sull’altro.
Quello che segue è un elenco di madri così orribili che vi verrà subito voglia di telefonare alla vostra per ringraziarla.
- Cathy Ames in La valle dell’Eden di John Steinbeck
Quando si tratta di Cathy Ames, Steinbeck non ci gira troppo intorno e la presenta come un’«anima deforme». L’ex prostituta che ha ucciso i genitori dandogli fuoco alla casa non si ravvede affatto in seguito alla maternità. Dopo aver sedotto entrambi i fratelli Trask (lasciando così un punto di domanda sulla paternità dei gemelli), Cathy abbandona i propri figli. Non è poi una sorte così brutta dal momento che li libera da una donna che in seguito assassinerà il marito e gestirà un bordello coinvolto in violenze e droghe di ogni tipo. Nella tendenza di Steinbeck alle parabole, Cathy vuole rievocare «Eva» e l’introduzione del peccato nel mondo; l’autore porta anche estremamente in alto, in modo quasi confortante, gli standard secondo cui una madre può definirsi «cattiva».
- Janice Angstrom in Corri, Coniglio di John Updike
Janice Angstrom è un’ubriacona. A dirla tutta, è intrappolata in un matrimonio con un ex star della pallacanestro al liceo, egoista e scapestrato, che passa le giornate a vendere porta a porta utensili da cucina alle casalinghe della città. Ma persino la vita con «Coniglio» Angstrom non giustifica la madre che Janice diventa né il suo imperdonabile atto finale. Dopo essere progressivamente caduta in un pericoloso stato di depressione postparto unita a un forte consumo di alcol, Janice annega sua figlia nella vasca senza volerlo.
- Margaret White in Carrie di Stephen King
L’incursione di Margaret White nel mondo della maternità non inizia certo nel migliore dei modi. Dopo aver fatto sesso col marito prima del matrimonio, la fanatica religiosa Margaret si butta giù per le scale per provocarsi un aborto spontaneo. Il suo secondo tentativo di maternità riesce ad andare addirittura peggio. Sin da quando sua figlia Carrie è una neonata, Margaret la sospetta di essere una strega e come tale la tratta, rinchiudendola per ore e ore in uno speciale «ripostiglio da preghiera». Con Margaret, convinta che lo sviluppo del seno sia qualcosa che accade soltanto alle «ragazze facili», la visione repressiva della sessualità femminile raggiunge nuove vette. Grazie al cielo Carrie ha in serbo un paio di poteri segreti da urlo grazie ai quali otterrà una vendetta di gran lunga migliore rispetto alla maggior parte degli adolescenti, che devono accontentarsi di pareggiare i conti con un tatuaggio.
- Eva Khatchadourian in …e ora parliamo di Kevin di Lionel Shriver
Sin dall’inizio è davvero difficile non dispiacersi per Eva Khatchadourian; suo figlio Kevin compie una strage a scuola, uccidendo in modo spietato nove compagni di classe e due dipendenti. Ma il tocco di genio nell’agghiacciante storia di Shriver sta nel fatto che non viene indagata soltanto la colpa di Kevin, ma anche quella di Eva. È una contorta interpretazione di una questione che la società discute da anni: quanta responsabilità ha la madre, ammesso che ne abbia, nelle azioni del figlio? In questo caso, Eva qualche colpa ce l’ha di sicuro. Il rapporto conflittuale con il figlio inizia già durante la gravidanza (accetta di avere un bambino solo per compiacere il marito) e va crescendo durante l’infanzia di Kevin, sintetizzandosi nell’episodio in cui lo lancia da una parte all’altra della stanza, rompendogli un braccio. A prescindere dal fatto che Eva abbia o non abbia la sua parte di responsabilità per il delitto di Kevin, era davvero improbabile che suo figlio crescesse senza seri problemi.
- Fiona Brewer in Un ragazzo di Nick Hornby
Sì ok, questo romanzo lo ha scritto Nick Hornby e ne è stato tratto un film delizioso con Hugh Grant, ma il personaggio di Fiona cela un vero lato oscuro. Lei è il perfetto esempio dei problemi che possono sopraggiungere quando una donna che non è pronta o non ha voglia di diventare madre ha poi un bambino. Fiona è immatura e depressa, soprattutto dopo la fine della sua ultima storia d’amore, e ignora completamente i segnali che indicano che il giovane figlio Marcus è in difficoltà. All’apice dell’egoismo, Fiona tenta il suicidio in soggiorno con un’overdose di farmaci, distesa in un posto dov’è certo che Marcus la troverà. Il romanzo di Hornby ci ricorda che è già abbastanza dura avere dodici anni senza dover in più badare ai propri genitori.
- Sophie Portnoy in Lamento di Portnoy di Philip Roth
Con grande rammarico di molte donne reali, Sophie Portnoy è diventata ovunque lo stereotipo della madre ebrea. Sophie è una lamentona prepotente e ficcanaso, una persona super apprensiva e, soprattutto, «una delle più straordinarie produttrici e confezionatrici del senso di colpa della nostra epoca». La sua natura invadente, manipolatrice, ha delle conseguenze e quella più ovvia è il rapporto ansioso e ossessivo di Portnoy con le donne e con il sesso.
- La signora Bennet in Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen
Non bisogna sottovalutare la forza della signora Bennet: è autoritaria, chiassosa, rozza e con ogni probabilità anche un’alcolizzata. Ma l’aspetto più riprovevole è che sarebbe disposta a barattare la felicità della figlia pur di calmarsi i nervi. Quando la signora Bennet cerca di costringere Elizabeth a sposare il signor Collins – noioso da tagliarsi le vene – la sua intromissione passa dalla «madre che cerca di garantire un futuro alla figlia» alla «schiavitù forzata». Jane Austen fa chiaramente capire che anche nel diciottesimo secolo il suo è un gesto piuttosto spregevole.
- Sweetness in Prima i bambini di Toni Morrison
Cosa deve fare una madre quando un figlio non è come se lo aspettava o lo desiderava? Siamo forse tutti d’accordo nel dire che la risposta è «amalo comunque» ma purtroppo non va sempre così, nel mondo reale o nella letteratura. La delusione frammista a una sorta di repulsione assale Sweetness, una donna di colore dalla pelle molto chiara che nell’ultimo romanzo di Toni Morrison dà alla luce una neonata dalla carnagione nerissima. Sweetness detesta la pelle scura di sua figlia Bride e Bride cresce senza amore o tenerezza: Sweetness si rifiuta persino di toccare la pelle della bambina se non con una spugna o un pezzo di stoffa. Alla fine è la crudeltà di Sweetness a ripercuotersi sulla vita di Bride, molto più che il colore della sua pelle.
- La signora Lisbon in Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides
La signora Lisbon è una fanatica cattolica che manda avanti la famiglia con il pugno di ferro. Quando il suo atteggiamento repressivo nei confronti delle figlie non basta più a impedire che le disubbidiscano, decide di ritirarle da scuola e le rinchiude in casa. L’isolamento in questa casa folle, letteralmente in disgregazione, induce tutte e cinque le figlie a togliersi la vita. La signora Lisbon è solo una metà del duo disfunzionale rappresentato dai Lisbon, ma anche il cinquanta per cento della colpa nella morte di cinque figlie basta a renderti una delle peggiori mamme nella storia della letteratura.
- Emma Bovary in Madame Bovary di Gustave Flaubert
La vita di Emma Bovary non è certo una passeggiata, ma la decisione di risolvere con il suicidio il problema del suo debito crescente ci garantisce che la figlia, Berthe, avrà una vita disperata proprio come la sua. L’ultima scena in cui vediamo Berthe è quando viene mandata a vivere da una zia impoverita che la costringe a lavorare in un cotonificio. È una situazione assai triste e, visto come il famigerato passato della madre la perseguiterà, le cose non potranno che peggiorare.
© Carrie Mullins, 2016. Tutti i diritti riservati.
Condividi