In un mondo di brutti, i belli non dovrebbero morire

Raul Schenardi SUR

Jorge Franco (Medellin, 1962) è uno scrittore colombiano conosciuto in tutto il mondo e anche da noi. Guanda ha pubblicato nel 2002 Donna in rosso (premio Dashiell Hammett), da cui è stato tratto un film di successo, e Paraiso Travel, nel 2005. Nel 2009 Giunti ha pubblicato «Melodramma», tradotto in sette lingue. Qui si può leggere un pezzo di Alessandra Coppola pubblicato sul «Corriere della sera».
Questo il suo sito: www.jorge-franco.com
Pubblichiamo una recensione della poetessa Giò Piccolo scritta appositamente per il blog.

di Giò Piccolo

La storia, narrata in modo apparentemente convulso e frammentario, dipinta con un accanimento atemporale che mette alla prova la memoria più efficiente, trascina il lettore nelle vicende di una saga familiare che vede intrecciarsi i destini di una serie di personaggi tracciati dall’autore con lucida attenzione ma senza indugiare troppo sull’insidiosa strada di un’eccessiva empatia.

Ogni personaggio è presentato con i suoi tratti originali, a costo di utilizzare una crudezza di linguaggio diretta, senza mediazioni, attraverso il racconto in prima persona di Vidal, giovane uomo di una bellezza estrema che, avendo saputo brutalmente di essere affetto da AIDS, decide di scomparire cominciando a vagare senza una meta, allontanandosi da sua madre e dal suo mondo senza lasciare traccia.

Proprio la sua bellezza lo aveva condotto al punto in cui si trova all’inizio della storia, da quando resosi conto di possedere un patrimonio desiderabile soprattutto per uomini ricchi e vecchi, decide di utilizzare il proprio corpo come medium per raggiungere l’agiatezza e il lusso e realizzare il suo sogno, coltivato sin da bambino, di andare a vivere a Parigi.

Nato da un rapporto fugace di Perla, madre sboccata e ribelle, con uno sconosciuto, Vidal conoscerà la vita attraverso il filtro della sua bellezza, ereditata dal padre fantasma e a volte persino ingombrante, manifestando sin da piccolo uno spiccato senso estetico che lo avvicina all’universo femminile di cui diventerà talvolta vittima, talvolta carnefice.

Nelle diverse fasi della sua vita, graviteranno infatti numerose figure femminili che in varia misura, contribuiranno a definire le sue scelte e a determinare in qualche modo in lui la consapevolezza della sua omosessualità.

Perla, la madre-figlia incompiuta che chiede all’alcol e ai santi, protezione e responsi impossibili come scoprire il luogo in cui si nasconde Vidal.

Libia, la madre di sua madre, ossessionata da un’idea distorta di purezza sublimata nell’ipocondriaca abitudine al consumo sfrenato di medicinali di cui non ha bisogno e che la porta ad escludere ogni forma di piacere dalla sua vita.

Anabel, la serva di tutte, portata a casa un giorno dall’umile e tenace marito di Libia, Pablo Santiago, colpevole di essere diversa nei tratti,”più scura di pelle e più sporca, molto più grande delle altre, molto più selvatica, più maleodorante, più, più…”.

Ilinka, portata nella sua vita dalla pioggia, disperatamente disillusa e capace, attraverso una sorta di gemellaggio emotivo, di far vacillare la sua scelta di non abbandonarsi mai all’amore.

Il mondo in cui si svolge la storia, che non rimane sullo sfondo ma permea ogni singolo momento della narrazione, è una Colombia in cui la violenza si respira nella vita di tutti i giorni, nei rapporti tra individui e nelle vicende politiche, tra guerra civile e narcotraffico e una Parigi che nulla ha dell’immagine patinata della vie en rose.

Un realismo estremo che traspare anche dallo stile, essenziale e diretto che utilizza interessanti espedienti nella narrazione, come il far ricorso a continui rimandi della memoria perfettamente ricuciti in modo da creare un quadro organico e miracolosamente comprensibile.

Si nota inoltre l’assenza di ogni forma di autocompiacimento da parte del protagonista che tratta l’argomento della propria morte imminente, con la lucidità di chi sa di avere avuto una parte importante nella genesi della patologia, ma che sa anche che forse, era già scritto nel suo destino.

Ma non c’è rassegnazione nell’affrontare la realtà, si avverte piuttosto un costante, apparente distacco, come se, Vidal sapesse che non potrebbe esserci altro modo di vivere.

Aver assaporato casualmente il lusso e l’eleganza, ha significato per lui, cominciare a desiderare quel tipo di vita. Cambiare contesto e abitudini, diventa un chiodo fisso, una meta irrinunciabile e poco importa se, per realizzare questo progetto, ci si può ammalare: Vidal correrà tutti i suoi rischi.

Per riuscirci dovrà coinvolgere Perla, sradicarla dalla sua realtà di alcol e bordelli a Puerto Berrio, in cui in fondo ha un’identità, per trapiantarla in una Parigi ostile e sconosciuta dove per assecondare il figlio, porterà alla luce i propri lati più oscuri fino ad organizzare la morte di un uomo per acquisirne il patrimonio.

Scoperta la trama, la polizia irrompe sulla scena complessa del ritorno di Vidal, fuggito per mesi da Perla per nasconderle la malattia e metabolizzare l’idea di doversi spegnere a poco a poco.

Il finale, coglie di sorpresa e ci si può scoprire a seguire l’epilogo della storia del bellissimo uomo con un senso di desolata vicinanza. “In un mondo di brutti, i belli non dovrebbero morire”

La morte, che si insinua in tutta la vicenda con subdola necessità, accompagna Vidal sin dal momento in cui i medici gli svelano la gravità della sua malattia, dipingendo a tinte scure ogni barlume di vita.

L’amore, soffocato da un sesso esasperato e ingombrante, appare solo a volte, estraniato, fragile, sconfitto.


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