Il 19 dicembre del 1910 nasceva lo scrittore cubano José Lezama Lima: lo ricordiamo pubblicando una lettera di Julio Cortázar all’autore, tratta da Carta carbone, e ne approfittiamo per annunciare la pubblicazione del suo romanzo più famoso, Paradiso: tornerà in libreria nel 2016.
traduzione di Giulia Zavagna
A José Lezama Lima
Parigi, 5 agosto 1957
Caro Lezama Lima, ho ricevuto, suppongo parecchio tempo fa, tutti i pacchi che mi ha mandato. Dico «suppongo» perché da quel giorno, con gli intervalli obbligati dovuti a viaggi o lavori vari, mi sono dedicato per lungo tempo a leggere i suoi libri. Ho preferito non scriverle prima di aver finito tutto ciò che avevo ricevuto. Ora che entro nella deliziosa fase di rilettura dei miei testi preferiti (e sono così tanti che sarà come leggere tutto di nuovo) non voglio rimandare oltre una lettera che scriverle mi riempie di gioia e orgoglio.
In queste isole spesso terribili in cui noi sudamericani ci troviamo a vivere (poiché l’Argentina o il Messico sono insulari almeno quanto lo è Cuba) a volte può essere necessario venire a vivere in Europa per scoprire finalmente delle voci fraterne. Da qui, a poco a poco, l’America ha preso per me la forma di una costellazione, con luci che brillano e che compongono il disegno della vera patria, molto più grande e bella di quella di cui vocifera il passaporto. Credo che a Buenos Aires mi avessero parlato di lei (Borges, forse, o qualche giovane poeta ormai defunto); il fatto è che non ho mai avuto le sue opere a portata di mano. Sono dovuto venire fin qui per scoprire un giorno Oppiano Licario, con mio grande stupore e meraviglia. E ora ho letto le sue poesie, Analecta, ho quasi finito Paradiso, e li ho tenuti alla luce della lampada per tutti questi mesi, leggendoli e rileggendoli, e ammirandoli ogni volta di più.
Non creda che mi faccia trasportare da un entusiasmo indiscriminato, perché se ci mettessimo a chiacchierare faccia a faccia (e spero che un giorno lo faremo) avrei molti appunti da farle, e molti tagli da dare a quelle tappezzerie infinite che sono i suoi racconti e i suoi poemi. Ciò che mi interessa dirle è che il piacere, la contentezza che mi dà leggerla supera di gran lunga le impressioni accumulate sui singoli testi, il non condividere un punto di vista qua o là, un modo di dire o una tecnica di scrittura.
Non so dilungarmi troppo via lettera. Credo che ciò che più mi confonde e commuove nelle sue opere sia la situazione di tensione in cui lei infallibilmente si colloca, a mio avviso molto più profonda ed essenziale rispetto al punto di vista abituale in scrittori analoghi. la terribile difficoltà che pongono moltissime sue poesie e prose, il pericolo costante di perdere il filo del discorso, di smarrirsi, di capire male o non capire del tutto – che forse è anche peggio – deriva, credo, dal fatto che lei non è mai disposto a concedere nulla, perché concedere significa automaticamente rinunciare a quella tensione a cui è arrivato grazie al percorso di una vita e alla sua sensibilità, quella tensione che le permette di intercettare tutti i punti della circonferenza con la stessa sagace abilità. Ho visto qui a Parigi come un lettore intelligente e sensibile si è tirato indietro sconcertato davanti ai primi saggi di Analecta del reloj, una vertigine che cospirava contro il suo amor proprio l’ha obbligato a non proseguire nella lettura con pretesti la cui debolezza ho intuito facilmente. da parte mia, non mi credo immune dallo sconcerto, e in molti punti di Analecta, La fijeza e Aventuras sigilosas (oh, che gioia è stata ritrovarvi i miei compagni d’infanzia, Cocardasse e Passepoil!)ho dovuto tristemente arrendermi alla mia incapacità di sovrappormi al suo punto di vista; eccentrico a tal punto che l’intero sistema mi sfuggiva. Tuttavia, perfino nei passaggi per me meno intelligibili, ho sempre avuto la sensazione di una comprensione imminente, e per questo devo rileggere molti passaggi, confidando di arrivare un giorno ad avvicinarmi un po’ di più a cotanta ricchezza. «las imágenes posibles» (in Analecta) mi affascina particolarmente per l’impegno che richiede e, allo stesso tempo, per la quantità di stimoli che innesca. (devo aggiungere, a mo’ di aneddoto, che la lettura del libro è stata particolarmente complicata a causa di una capricciosa disposizione dei fascicoli della mia copia, che mi ha obbligato ad andare avanti e indietro varie volte…)
Di tutto ciò che ho letto mi resta la felice sensazione di aver trovato finalmente uno scrittore in cui si sposassero l’essenzialità, così come la intendeva Mallarmé, e la prodigiosa sovrabbondanza di sostanza viva e spirituale che fa la grandezza del miglior surrealismo. Intendo dire che molte pagine di Paradiso o di Analecta mi hanno dato la stupefacente impressione di leggere i quaderni di una sfinge o di un centauro, di qualcuno per cui la Prose pour des esseintes coesistesse con Nadja o con I canti di Maldoror (tutto ciò è da intendersi con la massima apertura, e senza un concreto riferimento a Breton o al Conte; è piuttosto la percezione di un contatto tra due attitudini da sempre ostili, la distillazione di essenze e principi sottili, e il prezioso scoppio della passione americana, la presenza della terra, dei pesci, di tutti quanti. Tutto questo è davvero qualcosa di molto simile a un miracolo).
Sto per partire per l’Argentina, dove passerò due mesi e parlerò di lei ai miei amici. Mi chiedo se lì i suoi libri si troveranno facilmente; presumo di no, perché conosco le miserie del mondo editoriale e le sordide cospirazioni contro tutto ciò che è di qualità. In ogni caso, mi porterò le mie copie, per farle girare tra alcuni poeti che so essere acuti e sensibili e che, vivendo a Buenos Aires, non sanno cosa succede all’Avana. Per quanto riguarda Orígenes, la ringrazio molto di voler pubblicare qualcosa di mio. Credo che potrà scegliere lei stesso tra ciò che le ho inviato, che è tutto inedito, fatta eccezione per alcune «storie di cronopios e di famas» che sono uscite su Ciclón. decida lei, e io avrò la gioia di leggere sulla sua rivista i testi che saprò essere i suoi preferiti.
Per qualsiasi cosa, le scrivo in calce il mio indirizzo in Argentina. Tornerò a Parigi a novembre, e le scriverò con più calma, dopo le riletture che tanto desidero e necessito.
Un grande abbraccio dal suo amico
Julio Cortázar
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