Vi presentiamo oggi un nuovo autore, il messicano José Revueltas, di cui abbiamo già parlato qui e qui. A fine marzo pubblicheremo il suo romanzo breve Le scimmie, nel frattempo, vi invitiamo a conoscerlo attraverso il profilo che ne traccia César Aira nel suo Diccionario de autores latinoamericanos.
Qui tutte le voci del Diccionario che abbiamo tradotto.
di César Aira
traduzione di Raul Schenardi
José Revueltas, Durango, Messico, 1914-1976. Narratore e drammaturgo dalle angoscianti atmosfere notturne, ultradrammatiche e religiose. Fece una vigorosissima militanza marxista. Il suo primo romanzo, Los muros de agua (1941), rievocava la sua prigionia nelle Islas Marías sotto il regime di Calle. Il secondo, El luto humano (1943), fra i finalisti del concorso della Unión Panamericana e primo Premio nazionale di letteratura, è un dramma contadino di densissima scrittura poetica, senza attenuanti per la sua atroce truculenza. Seguirono, fra romanzi e racconti: Dios en la tierra (1944), Los días terrenales (1949), En algún valle de lágrimas (1956), Los motivos de Caín (1957), Dormir en tierra (1960), Los errores (1964), Material de los sueños e il romanzo breve El apando [Le scimmie] (1969), un concentrato di estetica del brutto e di angoscia che ne fa uno dei migliori della sua opera. Il difetto più criticato dei suoi romanzi (e di cui i racconti sono solo parzialmente esenti) è l’inclusione di lunghi brani saggistici, quasi sempre sotto forma di riflessioni dei personaggi, brani che in alcuni dei suoi libri occupano un maggior numero di pagine dell’azione romanzesca propriamente detta.
La fedeltà di Revueltas alla dottrina marxista fu tale che all’inizio degli anni Cinquanta fece ritirare dalla circolazione i suoi libri per rivederli alla luce delle teorie più recenti del materialismo dialettico. Ciononostante si allontanò dal Partito comunista e fondò la lega Spartaco, di tendenze trozkiste, e poi il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori. Nel 1968 appoggiò con forza il movimento studentesco e finì in carcere (in quella circostanza scrisse El apando). Monsiváis (in Amor perdido) presenta un affettuoso ritratto di «quel matto di Revueltas» che contrasta con la cupa drammaticità della sua opera. Cita un suo discorso notturno di fronte ad alcuni studenti di provincia nella Facoltà di Filosofia e Lettere, durante gli avvenimenti del 1968: «L’autogestione, compagni, è come quella balena che un giorno è scappata dal lago di Chapultepec molto affaticata. Io ero sul tram e vedevo che tutta la gente correva in senso contrario. Di conseguenza mi sono preoccupato, da buon rivoluzionario, e ho indagato sulla natura dialettica della fuga delle masse popolari, ma il mio tentativo è stato inutile. D’un tratto, mentre mi riscuotevo dal mio solipsismo, è salito sul tram un uomo enorme, con un giubbotto rosso. Mi sono subito reso conto che era la balena ferita… Credo che questo, compagni, vi aiuterà a capire l’autogestione».
Fra le sue opere teatrali spiccano Israel (1947) e El cuadrante de la soledad (1949). Fu sceneggiatore cinematografico (La otra, 1949) e scrisse un saggio sul cinema: El conocimiento cinematográfico y sus problemas (1965). Scrisse inoltre saggi di carattere politico (fra gli altri: Sobre un proletariado sin cabeza, 1962, e México 68: juventud y revolución) e un libro sul fratello, il compositore Silvestre Revueltas: Apuntes para una semblanza de Silvestre Revueltas (1966). L’altro fratello, Fermín, era pittore. I suoi numerosi testi autobiografici sono stati riuniti sotto il titolo Las evocaciones requeridas (1987) nei due ultimi volumi, 25 e 26, delle sue Obras completas.
Condividi