Pubblichiamo oggi dieci poesie del poeta messicano José Emilio Pacheco precedute da un testo introduttivo di Alessio Brandolini, che ringraziamo insieme alla rivista Fili d’aquilone.
Acqua e terra: i passaggi poetici di José Emilio Pacheco
di Alessio Brandolini
José Emilio Pacheco è uno dei poeti imprescindibili – assieme a Suor Juana Inés de la Cruz, Ramón López Velarde, Xavier Villaurrutia, José Gorostiza, Octavio Paz e Jaime Sabines – della estesa e intensa tradizione letteraria messicana. Nato a Città del Messico il 20 giugno del 1939 (dove tutt’ora vive), studia nella locale Università Nazionale Autonoma, comincia a collaborare giovanissimo a riviste letterarie e nel 1958 pubblica il volume di racconti La sangre de Medusa. A vent’anni i suoi testi poetici sono già conosciuti e apprezzati in Messico, per poi essere inseriti nelle più importanti antologie di poesia ispanoamericana.
È del 1963 la sua prima raccolta in versi, Los elementos de la noche (Gli elementi della notte), che raccoglie la sua opera poetica dal 1958 al 1962; nello stesso anno pubblica il secondo libro di racconti El viento distante y otros relatos. Andrà avanti così, alternando racconti e poesia fino al 1981, quando pubblica il romanzo Las batallas en el desierto (Le battaglie nel deserto) che ottiene un successo enorme e ora è considerato un classico della narrativa contemporanea messicana.
Nel 1980 raduna le sei raccolte poetiche fin lì pubblicate nel volume Tarde o temprano (Prima o poi), apportando consistenti modifiche ai testi. Nel 2000 ripete l’operazione e unisce tutta la sua opera poetica (undici raccolte) in un unico ponderoso volume che avrà lo stesso titolo del precedente, Tarde o temprano (1958-2000), modificando anche questa volta, e in modo consistente, i testi. Ha poi pubblicato Siglo pasado (2000) e Gota de lluvia (2005) libro di poesia per bambini.
Oltre ad aver pubblicato vari libri in prosa, in poesia e saggi letterari, José Emilo Pacheco ha svolto un’importante opera di traduttore dall’inglese (Wilde, Eliot, Beckett…), ideato e diretto collane di case editrici e prestigiosi inserti e supplementi culturali, scritto soggetti cinematografici (poi divenuti film), curato decine di pubblicazioni, insegnato letteratura in diverse università messicane e nordamericane.
Ha ricevuto numerosi premi, tra gli ultimi e più importanti: “Premio Octavio Paz” (2003), “Premio Iberoamericano di letteratura Pablo Neruda” (2004), “Premio internazionale di Poesia Città di Granada – Federico Garcia Lorca” (2005).
I paesaggi di José Emilio Pacheco sono d’acqua e di terra e il tempo, spesso, li cancella, o li deforma: motivo centrale nella poesia del grande autore messicano, assieme a quello dell’anonimato, dell’autore che parla a nome di tutti:
Se c’è un merito in ciò – disse Pessoa –
appartiene ai versi, e non all’autore dei versi
(in “Una difesa dell’anonimato)
Altri temi ricorrenti sono quelli del fuoco, della morte e della solitudine:
Conta soltanto la solitudine
per dirle tutto e fare i conti
(in “In fin dei conti”)
Pacheco da sempre riflette in poesia sulla Terra maltrattata e indifesa, sul mare
afflitto dai “grumi di petrolio” e sul progresso e la tecnologia invadente (vedi “Disfatta di Bill gates”, qui tradotta) e al pessimismo di fondo mescola un fine
umorismo di stampo anglosassone. La sua lingua è asciutta ed essenziale, spesso
usa il parlato, la frase comune e tagliente, ma in una semplicità profonda e talvolta
ambigua. L’ironia lucida e irriverente è una costante di questi versi (sottoposti a
continue riscritture, levigati fino alla perfezione) e, allo stesso tempo, una specie di
sostegno alla stessa poesia, che si interroga costantemente sulla sua funzione
nell’era della “tormenta elettrica” dove tutto corre veloce e l’un l’altro “ci facciamo
più sconosciuti”.
Dieci poesie di José Emilio Pacheco
traduzioni di Alessio Brandolini e Perla Elias Nemer
AGUA Y TIERRA: PAISAJES
1
Es la hora imperceptible en que se hace de noche.
Y nadie se pregunta cómo se hace la noche,
qué materia secreta va erigiendo a la noche.
2
Mar, devuelve a la noche
la oscuridad que atraes a tu abismo.
3
Llueve y el mundo se concentra en llover.
El agua se ensimisma.
La Tierra entera se está hundiendo en la lluvia.
de Islas a la deriva (1973-1975)
ACQUA E TERRA: PAESAGGI
1
È l’ora impercettibile che si fa notte.
E nessuno si chiede come si fa la notte,
che materia segreta va edificando la notte.
2
Mare, restituisci alla notte
l’oscurità che attiri nel tuo abisso.
3
Piove e il mondo si concentra nella pioggia.
L’acqua resta assorta.
La Terra intera sta affondando nella pioggia.
da Isole alla deriva (1973-1975)
***
ALTA TRAICIÓN
No amo mi patria.
Sul fulgor abstracto
es inasible.
Pero (aunque suene mal)
daría la vida
por diez lugares suyos,
cierta gente,
puertos, bosques, desiertos, fortalezas,
una ciudad deshecha, gris, monstruosa,
varias figuras de su historia,
montañas
-y tres o cuatro ríos.
de No me preguntes como pasa el tiempo (1964-1968)
ALTO TRADIMENTO
Non amo la mia patria.
Il suo fulgore astratto
è inafferrabile.
Ma (benché suoni male)
darei la vita
per dieci dei suoi luoghi,
certa gente,
porti, boschi, deserti, fortezze,
una città disfatta, grigia, mostruosa,
vari personaggi della sua storia
montagne
– e tre o quattro fiumi.
da Non chiedermi come passa il tempo (1964-1968)
***
TIERRA
La honda Tierra es
la suma de los muertos.
Carne unánime
de las generaciones consumidas.
Pisamos huesos,
sangre seca, restos,
invisibles heridas.
El polvo
que nos mancha la cara
es el vestigio
de un insaciable crimen.
de No me preguntes como pasa el tiempo (1964-1968)
TERRA
La profonda Terra è
la somma dei morti.
Carne unanime
delle generazioni consumate.
Calpestiamo ossa,
avanzi e sangue secco,
invisibili ferite.
La polvere
che ci macchia il viso
è la traccia
di un crimine insaziabile.
da Non chiedermi come passa il tempo (1964-1968)
***
CIUDAD MAYA COMIDA POR LA SELVA
De la gran ciudad maya sobreviven
arcos, desmanteladas construcciones, vencidas
por la ferocidad de la maleza.
En lo alto el cielo en que se ahogaron sus dioses.
Las ruinas tienen
el color de la tierra.
Parecen cuevas
ahondadas en montañas que ya no existen.
De tanta vida que hubo aquí, de tanta
grandeza derrumbada, sólo perduran
la pasajeras flores que no cambian.
de Islas a la deriva (1973-1975)
CITTÁ MAYA MANGIATA DALLA SELVA
Della grande città maya sopravvivono
archi, smantellate costruzioni, vinte
dalla ferocia della boscaglia.
Sopra, il cielo in cui affogarono i suoi dei.
Le rovine hanno
il colore della terra.
Sembrano grotte
affossate in montagne che già non esistono.
Di tanta vita che qui ci fu, di tanta
demolita grandezza, restano soltanto
i fiori momentanei che non cambiano.
da Isole alla deriva (1973-1975)
***
NOCHE Y NIEVE
Me asomé a la ventana y, en lugar de jardín, hallé la noche
constelada de nieve.
La nieve hace tangible el silencio.
Es el desplome de la luz y se apaga.
La nieve no quiere decir nada:
es sólo una pregunta que deja caer millones de signos de
interrogación sobre el mundo.
de Islas a la deriva (1973-1975)
NOTTE E NEVE
Mi affacciai alla finestra e, al posto del giardino, trovai la notte
costellata di neve.
La neve rende tangibile il silenzio.
È il crollo della luce e si spegne.
La neve non vuole dire nulla:
è solo una domanda che lascia cadere milioni di segni
interrogativi sopra il mondo.
da Isole alla deriva (1973-1975)
***
EN RESUMIDAS CUENTAS
¿En dónde está lo que pasó
y qué se hizo de tanta gente?
A medida que avanza el tiempo
vamos haciendo más desconocidos.
De los amores no quedó
ni una señal en la arboleda.
Y los amigos siempre se van.
Son viajeros en los andenes.
Aunque uno existe para lo demás
(sin ellos es inexistente),
tan sólo cuenta con la soledad
para contarle todo y sacar cuentas.
de Desde entonces (1975-1978)
IN FIN DEI CONTI
Dov’è finito ciò che accadde
e che fine ha fatto tanta gente?
Via via che passa il tempo
ci facciamo più sconosciuti.
Degli amori non è rimasto
nemmeno un segno tra gli alberi.
E gli amici se ne vanno sempre.
Sono viaggiatori sui binari.
Anche se uno esiste per gli altri
(senza di loro è inesistente),
conta soltanto la solitudine
per dirle tutto e fare i conti.
da Fin d’allora (1975-1978)
***
HOMENAJE
Con esta lluvia el mundo natural
penetra
en los desiertos de concreto.
Escucha
su música veloz,
contrapunto de viento y agua.
Unica eternidad que sobrevive,
esta lluvia no miente.
de Desde entonces (1975-1978)
OMAGGIO
Con questa pioggia il mondo naturale
penetra
nei deserti del concreto.
Ascolta
la sua musica veloce,
contrappunto di vento e acqua.
Unica eternità che sopravvive,
questa pioggia non mente.
da Fin d’allora (1975-1978)
***
JARDÍN DE NIÑOS, 20
(EPILOGO)
O somos los guijarros que expulsa el mar y caemos
en la playa que no elegimos, entre sargazos
y entre grumos letales de petróleo. Aquí está
la sequía que nombran el desierto. Es preciso
atraversarlo de sol a sol. Llegaremos
al otro mar a que nos cubra la muerte. Entretanto
el camino es la meta y nadie avanza solo
y el agua se comparte o revientas. No hay
minuto que no transcurra. Adelante.
de Desde entonces (1975-1978)
ASILO NIDO, 20
(EPILOGO)
O siamo ciottoli espulsi dal mare e cadiamo
sulla spiaggia che non scegliemmo, tra sargassi
e grumi letali di petrolio. Qui c’è
la siccità che chiamano il deserto. Occorre
attraversarlo dall’alba al tramonto. Arriveremo
all’altro mare per farci ricoprire dalla morte. Intanto
il cammino è la meta e nessuno avanza da solo
e l’acqua si condivide o crepi. Non c’è
minuto che non scorra. Avanti.
da Fin d’allora (1975-1978)
***
TIERRA DE NADIE
En la ignorancia a medias de un idioma,
ya que el dominio es imposible,
las palabras demuestran estar hechas
de la esencia del mundo y la poesía.
Pienso en dirt, por ejemplo:
“barro, lodo, tierra,
polvo, suelo, mugre,
suciedad, obscenidad,
bajeza, vileza.”
Suciedad de la tierra, tumba y matriz.
Basura sagrada
que amasaron plantas y huesos.
Putrefacción en que nos da la vida la muerte.
Extraño llamar “Tierra” al planeta errante
en donde navegamos siempre en tinieblas
y a la materia de la que sale todo
y a la que todo regresa.
La tierra baldía, la tierra prometida,
la tierra de nadie.
de El silencio de la luna (1985-1996)
TERRA DI NESSUNO
Sull’ignoranza a metà d’una lingua,
visto che il dominio è impossibile,
le parole dimostrano d’essere fatte
dell’essenza del mondo e della poesia.
Penso a dirt, per esempio:
“melma, fango, terra,
polvere, suolo, sporcizia,
sudiciume, oscenità,
bassezza, infamia.”
Sudiciume della terra, tomba e utero.
Sacra immondizia
che impastarono piante e ossa.
Putrefazione che ci dà la vita dalla morte.
Strano chiamare “Terra” il pianeta errante
dove navighiamo sempre nelle tenebre
e alla materia dalla quale tutto viene
e alla quale tutto ritorna.
La terra desolata, la terra promessa
la terra di nessuno.
da Il silenzio della luna (1985-1996)
***
DERROTA DE BILL GATES
Después del gran calor y el brillo intolerable del sol,
la tormenta eléctrica,
la lluvia que no anunció su llegada.
Y el trueno inmenso, emperador de los aires,
hace que el mundo estalle en los conductores eléctricos,
y nos vuelve por un instante
sombras de un mundo antiguo sin electrónica,
aprendices de espectro, aire en el aire.
de Siglo pasado (Desenlace) (1999-2000)
DISFATTA DI BILL GATES
Dopo il gran caldo e la lucentezza insopportabile del sole,
la tormenta elettrica,
la pioggia che non preannunciò il suo arrivo.
E il tuono immenso, imperatore dell’aria,
fa che il mondo esploda nei conduttori elettrici,
e per un istante ci trasformi
in ombre d’un mondo antico senza elettronica,
spettri apprendisti, aria nell’aria.
da Secolo passato (Atto finale) (1999-2000)
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