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Scrittori dall'Uruguay: Leo Maslíah

Raul Schenardi SUR

L’Uruguay è patria per eccellenza di “escritores raros”: dopo Felisberto Hernández e Mario Levrero, presentiamo ai lettori del blog Leo Maslíah, scrittore, drammaturgo, musicista e cantante.

di Raul Schenardi

Leo Maslíah (Montevideo, 1954) in Uruguay e Argentina è un vero e proprio personaggio. Esordì come musicista “colto” nel 1974 interpretando all’organo un brano di Haendel e in seguito si mise in luce come compositore. Alla fine degli anni ’70 però debuttò anche come interprete di canzoni popolari, e da allora ha pubblicato più di 40 dischi, «di musica popolare e impopolare», come scrive lui stesso. Nel 2003 ha composto un’opera, Maldoror, basata sui Canti di Maldoror dell’uruguayano Isidore Ducasse. Si è poi disimpegnato come drammaturgo e ha anche calcato le scene come attore. Nel 1983 ha iniziato a pubblicare volumi di racconti, brevi prose e romanzi, quasi invariabilmente di genere umoristico, arrivando anche qui a 40 e passa libri.

Di seguito due suoi brevi racconti che possono dare un’idea della sua vena ludica: Werner e Letteratura a ostacoli (la traduzione è mia). E un invito ad ascoltare qualche suo brano musicale:

Perdona si te molesto con esta sonatina

El concierto

Quiero verte morir de muerte natural – con Alina Gandini

La papafrita

Werner

Werner era ignorante, amorale, morboso, sordido, bugiardo, brutto, malpensante, sporco, esecrabile, pervertito, impreciso, lussurioso, cocciuto, pigro, egoista, retorico, disordinato, maldestro, detestabile, meschino, scontroso, scansafatiche, intrigante, narciso, lascivo, distratto, immondo, saputello, avaro, libertino, arrogante, traditore, svergognato, insolente, superbo, spocchioso, insensato, nottambulo, malvivente, vanitoso, antipatico, toppo soddisfatto di sé, goffo, diffidente, impostore, imbroglione, truce, insipido, irascibile, fatuo, ostinato, vizioso, indifferente, torvo, unto, astruso, depravato, crudele, pettegolo, volgare, spietato, scurrile, intrigante, presuntuoso, testardo, perverso, sfacciato, taccagno, ingordo, scansafatiche, trasandato, pedante, intrattabile, borioso, malizioso, sospettoso, maleducato, malvagio, ficcanaso, spaccone, baro, senile, scortese, rimbambito, fanfarone, insopportabile, ostinato, sleale, immaturo, meschino, villano, sempliciotto, inetto, sfacciato, perfido, indeciso, pesante, tardo di comprendonio, grossolano, cinico, ombroso, schivo, ostile, precipitoso, pasticcione, infame, adulatore e sboccato. È una fortuna, figlia mia, che tu non l’abbia sposato.

Letteratura a ostacoli

L’autobus si fermò al chilometro duecentoundici. Marisa scese e così pure l’autista, per consegnarle i suoi bagagli. Quando l’autobus ripartì, Marisa prese a camminare. Erano paraggi di terre rossicce. Ignoro perché avessero questo colore; in realtà non so niente di geologia.

Marisa camminò per un paio di chilometri e si sedette a riposare sui suoi bagagli. Ignoro se facesse caldo o freddo perché non so niente di meteorologia (inoltre io non ero lì). Marisa avrebbe voluto alzarsi per continuare per la sua strada, ma aveva dolori all’inguine. Sfortunatamente, non posso dire niente sull’origine di questi dolori, perché mi mancano le più elementari conoscenze di ginecologia.

Marisa chiamò a raccolta le sue forze e si alzò. Per orientarsi meglio tirò fuori dalla borsa un binocolo (forse era un cannocchiale; non so niente di strumenti ottici) e diede un’occhiata ai confini della sua visibilità. Avvistò una figura umana all’orizzonte. Si avviò verso di lei. Anche la figura camminava nella direzione di Marisa. Questo credo io, ma non sono sostenuto da alcuna conoscenza della geometria.

Qualche minuto dopo la figura divenne riconoscibile per Marisa. Si trattava di un uomo. Era quasi nudo ed era pettinato e truccato conformemente alle norme vigenti nel gruppo umano, tribù, clan, o quel che fosse, a cui apparteneva. Non intendo fornire dettagli in merito per paura di fare una figuraccia, dato che non so un bel niente di antropologia.

Quando le fu vicino, Marisa tirò fuori la macchina fotografica. Credo che abbia cominciato a regolare l’esposimetro e non so quante altre cose. Marisa era una bravissima fotografa, io invece no, anzi, non ho un cazzo di idea su come si scatti una foto. A quanto pare neanche quell’uomo ce l’aveva, perché quando vide l’apparecchio si spaventò. Si avvicinò a Marisa e le strappò di mano la macchina fotografica. Non contento, le strappò anche i vestiti e – con maggior delicatezza – si tolse i pochi che aveva addosso lui.

A quel punto accadde qualcosa che mi vedo nell’impossibilità di descrivere, forse per mancanza di esperienza personale in materia. Non so niente di sesso, e credo che la faccenda andasse in quel senso. (Chiedo scusa se a volte mi esprimo in modo confuso o scorretto; il fatto è che non so niente di grammatica.) In realtà l’unica disciplina che padroneggio è la letteratura. Sinceramente, in questa materia credo di sapere più di chiunque altro. Ma ormai non posso più scrivere, mi dispiace. Me lo impedisce la mancanza di formazione in altre discipline, che si frappone costantemente fra la mia penna e i miei lettori. Questo inghippo meriterebbe indubbiamente, da parte mia, uno studio approfondito, ma non posso farlo perché non so niente di epistemologia.

Quindi non mi resta che dire addio, e grazie (non so se è appropriato congedarsi così; chiedo scusa, ma non so niente di buone maniere).

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