A partire da aprile i libri di SUR avranno una nuova veste, che non vediamo l’ora di mostrarvi. Iniziamo a raccontarvela con questo pezzo del nostro art director Riccardo Falcinelli. (L’illustrazione è di Rose Wong.)
di Riccardo Falcinelli
Dopo cinquanta titoli – quei cinquanta titoli che hanno dato vita a SUR, la casa editrice nata nel 2011 dalla fantasia editoriale di Marco Cassini e in origine dedicata esclusivamente alla letteratura latinoamericana – dopo cinquanta titoli, dicevo, la collana madre di SUR chiude, o meglio: si trasforma, almeno graficamente. Il primo progetto fu decisamente audace: cartonati coloratissimi senza sovraccoperta ma stampati sulla legatura, in un Paese, l’Italia, dove il cartonato, specie se colorato, è psicologicamente associato all’editoria per l’infanzia. Un’audacia che in qualche caso può aver rischiato di far percepire quel progetto come meno «letterario» (ossia autorevole) rispetto alle proposte visivamente più classiche della narrativa mainstream. Non che il progetto non fosse piaciuto, anzi. Quel design inatteso rispetto al panorama corrente ha aiutato SUR a caratterizzarsi visivamente nell’immaginario dei lettori. Un editore nuovo ha infatti bisogno di tempo prima che il catalogo venga recepito e compreso e all’inizio il nostro desiderio era che quel catalogo venisse individuato prima di tutto come oggetto, dando poi il tempo al lettore di abituarcisi e sentire quei libri come casa sua. Non a caso quando comparve la prima recensione in assoluto a un libro SUR, Bartezzaghi – che la firmava sulla Repubblica – si concentrava sulla grafica senza quasi dir nulla del libro in sé, esaltato dal fatto che avessimo osato dividere il titolo in sillabe. Questo per dire, a chi ancora non ne fosse convinto, che la grafica non può mai essere separata dai libri a cui dà una forma.
Nei primi anni si è puntato soprattutto sui classici, su nomi come Cortázar, tanto canonizzati che per i lettori cui si rivolgeva (o intendeva rivolgersi) la composizione a caratteri cubitali diceva già molto, bastava una piccola silhouette per aprire una porta sui contenuti. Ma quando SUR ha cominciato ad allargarsi anche, e sempre di più, verso autori contemporanei, spesso anche esordienti, il nome da solo non bastava più. Serviva una nuova strada. Un nuovo equilibrio grafico. E, non ultimo, dopo cinquanta titoli (cifra tonda, simbolica, pensata ad hoc), i tempi erano maturi per un cambiamento. Dopo sei anni il piccolo editore di narrativa latinoamericana era cresciuto ed era pronto per crescere ancora. Ma da dove partire per cambiare la collana?
Già due anni fa c’era stato un primo ampliamento con le opportune conseguenze grafiche: il debutto di BIG SUR, una collana di titoli liberissimi (narrativa letteraria e di genere, saggistica, illustrati, biografie, memoir) dove anche il design è per forza di cose libero: ogni copertina è una storia a sé, come fanno gli anglosassoni, un one shot come dicono gli addetti ai lavori. Ora però si trattava di progettare qualcosa di diverso. Una collana, almeno in Italia, deve avere una sua riconoscibilità grafica, una sua continuità visiva, un’aria di famiglia in cui si sente parlare l’editore. I primi cinquanta titoli di SUR ne avevano forse fin troppa. Qui serviva una via di mezzo. Un progetto che si potesse modulare: ossia che avesse alcuni elementi forti ma dove fossero possibili delle varianti altrettanto visibili. In parole semplici, serviva un progetto che fosse fortemente di collana quando questo era richiesto, ma che sembrasse un one shot nelle occasioni opportune. Così, alla fine, quello che ho proposto a SUR è, più che un progetto di collana, un «format».
La differenza tra format e collana è delicata, sottile, probabilmente quasi indecifrabile ai profani. Ma è una distinzione visivamente fondamentale sul piano concettuale. Mentre un progetto grafico di collana si basa su elementi decisi, riconoscibili, che creano continuità, nel format questi elementi costanti ci sono ma sono «modulabili», ovvero possono apparire più o meno visibili a seconda del singolo titolo. Provo a spiegarmi con un esempio tratto dal catalogo di un editore storico: i tascabili Einaudi sono un progetto di collana a tutti gli effetti, le immagini sono inquadrate su un fondo bianco e questo bianco ha sempre un ruolo di primo piano e, come nei Supercoralli, questo bianco garantisce l’«einaudità». Stile libero sempre di Einaudi (che ho progettato nel 2012) è invece un format: gli elementi fissi ci sono (font, dimensioni, design ed esposizione del marchio) ma siccome si spostano e cambiano colore possono legarsi all’immagine facendo sembrare il titolo quasi un one shot. Ovvero nella collana il layout è esibito (la gabbia si vede), nel format è il layout è un basso continuo su cui suonare la melodia. Il marchio, per esempio, cambiando colore può ora spiccare ora mimetizzarsi a seconda delle esigenze. E sul piano dell’art direction c’è anche una responsabilità diversa: una volta inventato un format bisogna seguirne ogni titolo, accompagnarlo, non si può lasciare che il progetto viva da sé.
La nuova collana di SUR è appunto un format. Strada poco praticata in Italia. Scelta ambiziosissima che quasi nessun piccolo editore è in grado di compiere. Un format richiede una sicurezza di catalogo, di titoli, e uno sforzo non da poco. Un format per funzionare deve proporre non meno di dieci titoli l’anno. E per garantire la continuità visiva le scelte devono essere poche ma decise.
Anzitutto c’è stato un cambiamento materiale: abbiamo abbandonato il cartonato – che lasciava appunto perplessi molti lettori perché inconsueto rispetto all’idea di libro a cui erano abituati – e siamo passati alla brossura con alette che permette di avere più spazio per i paratesti e quindi di dare informazione più precise sul contenuto e sull’autore. Sul piano del layout il progetto è imperniato su un elemento straclassico in editoria: una cornice. Clausola fondamentale del libro vittoriano e decadentistico (si pensi al gusto grafico mitteleuropeo o alle copertine di The Yellow Book disegnate da Beardsley, il capofila dell’art nouveau inglese), la cornice è la quintessenza della grafica libraria tradizionale, dalla Medusa Mondadori ad Adelphi, all’intramontabile Nrf di Gallimard. Ma stavolta ho provato a trasformarla in un segno che potesse parlarsi con la temperatura visiva della nostra epoca digitale. La cornice sta lì, forte, presente, distante un centimetro buono dai margini, ma è un filo sottile e cambia colore di volta in volta, fino a diventare in alcuni casi un tutt’uno con l’immagine sottostante. È una presenza fluttuante, talvolta diafana. L’idea, per quanto squisitamente libraria, mi è venuta in mente guardando alcune interfacce di molti videogiochi per smartphone, dove la filettatura ha un ruolo tutt’altro che classico: serve a ribadire che quella è un’interfaccia, che stiamo guardando attraverso un «vetro» di pilotaggio.
Ad aiutarmi nel compito mi è venuta incontro una delle font da titolazione più belle e intelligenti disegnate negli ultimi anni. È il Coco Gothic, un carattere senza grazie geometrico che reinterpreta la tradizione dei sans serif modernisti come Futura e Avenir, è stato ideato da Cosimo Lorenzo Pancini per la fonderia Zetafonts, il gruppo di typedesign più disinvolto e divertente che abbiamo in Italia, spin off dello studio KmZero di Firenze, tra i pochi che progettano font display (cioè pensate apposta per titolazione) con rigore e con un gusto fresco. Coco Gothic è stato sviluppato in una famiglia che comprende dieci varianti storiche, ognuna dedicata a un decennio dell’ultimo secolo. Una sorta di enciclopedia del gusto tipografico in forma di carattere, in grado di passare dalla Vienna di Egon Schiele alla Parigi di Cassandre, dalla Roma del Ventennio Fascista alla Londra di Churchill.
Nel nuovo progetto SUR, il Coco Gothic è usato in una delle sue varianti sottili, così da avere visivamente lo stesso peso del filetto di cornice, come fossero fatti della stessa materia. Lo scheletro del carattere è appunto classico, riprende il Futura, cioè non a caso il carattere della Medusa Mondadori, ma il Coco ha una caratteristica che lo svecchia: ha gli spigoli appena arrotondati, una concessione alla mode recenti, all’effetto delle visualizzazioni a schermo dove nulla è mai davvero netto. Questa imprevista morbidezza su una struttura classica tiene insieme autorevolezza e una certa aria giovanile. Non è senza significato – anche per spiegare alcune affinità elettive – che Cosimo Pancini è un disegnatore felicissimo con una forte passione per fumetti, cartoni e videogames che gli consentono di guardare alla grafica con un occhio libero dai moralismi del modernismo. Nel Coco, con misura, senti parlare il cinema e la moda e non il tavolo dell’architetto. E non a caso il nome è un tributo a Chanel non certo a Renner (autore del Futura Ndr.).
Insomma, l’idea era di usare gli elementi autorevoli per tradizione, iperclassici e abusati, ma svecchiandoli e rendendoli imprevisti. Una Medusa per l’epoca delle immagini digitali o, se mi si passa una metafora azzardata, l’anello mancante tra Gallimard e un’interfaccia app.
Dal punto di vista operativo il format ci ha però anche permesso di usare in copertina qualsiasi tipo di immagine. SUR esordisce con illustrazioni ora fumettose ora naif, con fotografie quasi architettoniche, con dipinti (uno struggente Bolaño ritratto da Tommaso Pincio) ma potremmo anche permetterci da qui a breve una copertina di solo lettering, rivelando lo scheletro del layout. Stavolta ci aspettiamo non meno di cento titoli, prima di cambiare rotta. Lasciando però, come sempre, l’ultima parola ai lettori.
© Riccardo Falcinelli, 2016. Tutti i diritti riservati.
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