Dello scrittore, musicista e performer Leo Maslíah abbiamo già parlato qui e qui. Oggi vi proponiamo un breve testo tratto dalla raccoltadi racconti Carta a un escritor latinoamericano y otros insultos, Ediciones de la Flor, 2000.
«Lettera a uno scrittore latinoamericano»
di Leo Maslíah
traduzione di Raul Schenardi
Caro scrittore latinoamericano,
negli ultimi decenni abbiamo seguito la tua carriera e dobbiamo comunicarti qualcosa d’importante. Diamo per scontato che servirà non solo a te e ai tuoi, ma anche a mantenere il sano equilibrio esistente nel ricco spettro di forme, generi e stili che compongono il vasto mondo della letteratura. Sappiamo che hai talento, ma fa’ attenzione! Utilizzalo con tatto. Non tentare incursioni in ruoli che non ti sono stati assegnati. Non fare l’avanguardista, perché ti boicotteremo. Non avalleremo le tue invenzioni. Devi usare i tuoi doni nell’impresa di applicare le tecniche poetiche e narrative la cui validità è stata consacrata dai nostri scrittori. Solo che loro si sono valsi di quegli strumenti per descrivere la nostra realtà, e tu devi descrivere la tua. Qui c’è un gruppo di intellettuali che si assumono, a nome di tutta l’Europa occidentale, la responsabilità del fatto che la gente nel tuo paese viva male. E queste persone hanno bisogno di documentazione. Hanno bisogno di testimonianze dirette delle atrocità commesse nella tua terra dalla colonizzazione e dall’imperialismo, nel corso dei secoli e per mano di successive metropoli. E hanno bisogno che queste testimonianze siano ben scritte, per dimostrare la loro tesi secondo cui i latinoamericani non sono esseri inferiori, anormali bastardi nati in modo illegittimo dall’incrocio di due specie non compatibili (la cultura metropolitana e quella autoctona, con l’innesto di quell’altra trapiantata dall’Africa con la forza). È solo che il clima tropicale li rende un po’ mollaccioni e, be’, nell’economia di mercato chi non si da una mossa va a picco. Perciò cerca di scrivere bene, idiota.* Scrivi cose che possiamo capire. Colore locale sì, puoi metterci tutto quello che vuoi, frasi idiomatiche caratteristiche, termini indigeni, perché, come sai, “dipingi il tuo villaggio e dipingerai il mondo”. Ma devi dipingerlo con il pennello che ti diamo noi. Solo così avrai critiche positive su “Le Monde” e “Cambio 16”. Se scrivi cose strane, non faremo il minimo sforzo per decifrarle, e i tuoi conterranei, anche se ci vedessero dei pregi, faranno orecchi da mercante e ne diffideranno, perché non saranno sicuri che siano buone, a meno che non siamo noi a decretarlo.** Ti avvertiamo un’altra volta: comportati bene. Devi essere la voce del senso di colpa dell’Europa. Se ci dai retta, ti promettiamo che avrai sempre un posticino in fondo al nostro elenco dei più venduti, e ti porteremo in giro per tutte le città del primo mondo, dove terrai conferenze sulla tua letteratura e sulle disgrazie della tua gente. E sulle riviste letterarie europee usciranno articoli su di te, scritti da noi. Prenota la tua copia per tempo.
Firmato:
Associazione dei Critici Letterari d’Europa
e Tribunale di Geopolitica Letteraria
* A volte siamo soliti ricompensare questi sforzi con il premio Nobel.
** C’è una sola eccezione; un unico permesso è stato rilasciato a uno scrittore del tuo subcontinente per abilitarlo a entrare in quella che chiamiamo “letteratura universale” (o letteratura seria, o grande letteratura): Jorge Luis Borges. Ma, in via riservata, ti confidiamo che si deve al fatto che per noi lui è inglese.
Condividi