«“Natale non sarà Natale senza regali”, borbottò Jo, stesa sul tappeto.»
E, aggiungiamo noi, neanche senza libri.
Ovvie critiche al consumismo a parte, diciamolo pure: com’è bello vedere le librerie affollate. Così come siamo stati felici di vedervi tanto numerosi un paio di settimane fa a Più Libri Più Liberi. Grazie per le domande e i complimenti, per aver ascoltato il reading dei racconti di Grace Paley e la lucidità di Juan Cárdenas nel commentare il suo Ornamento, per le file ordinate nell’attesa che José Muñoz firmasse la vostra copia di Billie Holiday o Carlos Gardel.
Si potrebbe pensare che sia facile, per chi lavora nell’editoria, regalare libri: invece tutt’altro, manie di perfezionismo e febbre costante di trovare «il libro giusto» ci costringono a mille ricerche, arrovellamenti e speranze. Quello tra libro e lettore deve essere un incontro speciale e forse mai del tutto casuale; ecco alcuni dei regali, degli incontri, che abbiamo in programma per questo Natale.
E per chi pensa che leggiamo sempre, e quindi «che te lo regalo a fare un libro», sfatiamo anche questo mito: qui di seguito, vi diamo qualche idea sui libri che ci piacerebbe ricevere.
Federica Antonacci, tutor della Scuola del libro
Regalerò Absolutely Nothing. Storie e sparizioni nei deserti americani, di Giorgio Vasta e Ramak Fazel (Quodlibet/Humboldt), al mio amico Giovanni che è appena stato a fare un lungo viaggio negli Stati Uniti, per regalargli una prospettiva diversa sui luoghi che ha visitato, sui viaggi in generale.
Vorrei ricevere Spavento di Domenico Starnone (Einaudi) perché sono reduce dalla lettura – tardiva per me, ma entusiasmante – di Lacci e Scherzetto, e ne voglio ancora.
Alessandro Bandiera, direttore commerciale
Il libro da regalare a chiunque voglia capire un po’ meglio questi tempi inquieti che stiamo vivendo è Otto anni al potere di Ta-Nehisi Coates (Bompiani) perché lucida, potente e illuminante è la sua intelligenza quanto ricca e rotonda è la sua scrittura.
Il libro che vorrei ricevere è Il cavaliere e la morte di Leonardo Sciascia (Adelphi) perché «la gioia del rileggere, a volte, è più intensa e luminosa di quella del leggere».
Marco Cassini, direttore editoriale
Il libro che regalerò, a più di una persona, è Lux di Eleonora Marangoni (Neri Pozza).
Vorrei ricevere invece una prima edizione inaspettata, tanto di un libro che non ho mai letto quanto di un mio «classico personale». Perché in questi casi vale sì il contenuto ma conta forse più l’edizione, la storia editoriale (le scelte di copertina, di prezzo, di presentazione dell’opera in altre epoche in cui i lettori e quel libro non sapevano nulla l’uno dell’altro) e la storia dei passaggi di mano, dei cambi di casa, dei viaggi che quel singolo esemplare ha fatto da una vita all’altra fino ad arrivare alle mie mani, a casa mia, alla mia vita. Perché le bancarelle e i negozi dove troviamo libri di seconda mano non sono forse «un posto dove riporli senza sentire di star buttando via una parte di noi stessi? Un posto in cui possiamo mettere da parte il passato senza tradirlo?»
Violetta Colonnelli, tutor della Scuola del libro
Regalerò Radiogol di Riccardo Cucchi (il Saggiatore) a mio fratello, grande calciofilo romanista (lo so, Cucchi è laziale, spero non me lo tiri dietro).
Vorrei ricevere Lacci di Domenico Starnone (Einaudi). Perché è un sacco di tempo che lo voglio leggere e ancora non ci sono riuscita.
Maria Galeano, ufficio stampa
Il libro che vorrei regalare è Il Selvaggio di Guillermo Arriaga (Bompiani, traduzione di Bruno Arpaia): un mix di alto e basso, delinquenza e letture epiche, ferocia ed eleganza stilistica. Una storia nera, in cui si respira un grande senso di libertà. Vorrei regalarlo a qualcuno che abbia bisogno di sentirsi meno impotente e più audace.
Il titolo che vorrei ricevere in regalo è l’ultimo libro di Helen Humphreys, Amuleto Celeste (Fandango/Playground, traduzione di Monica Capuani). Ho letto tutti i suoi romanzi, negli ultimi anni, e da Cani selvaggi in poi attendo ogni suo libro con trepidazione. Una scelta sicura.
Chiara Gualandrini, redattrice
A mia zia Giusi regalerò sicuramente L’inferno è una buona memoria (Marsilio), perché quando ero più piccola ed ero stanca di andare a saccheggiare la libreria di mia madre – piena di gialli, thriller e storie d’amore – mi rifugiavo a casa sua dove tra Goethe, Mann e Tolstoj un giorno ho trovato un libro diverso dai classici che mi prestava di solito: Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley. Un fantasy che rilegge il Ciclo Arturiano dal punto di vista delle donne e che ha ispirato questo romanzo-memoir di Michela Murgia.
Io quest’anno sotto l’albero di Natale vorrei trovare il Libro degli esseri appena immaginabili di Caspar Henderson (Adelphi, traduzione di Massimo Bocchiola, disegni di Roberto Abbiati). Un bestiario del XXI secolo – ispirato alle opere medioevali e al Libro degli esseri immaginari di Borges – e una guida illustrata per scoprire alcune delle creature più strane e affascinanti del pianeta.
Francesca Lenti, tutor della Scuola del Libro
Sicuramente quest’anno regalerò Tito di Gormenghast di Mervyn Peake (Adelphi, traduzione di Anna Ravano) perché il primo volume della saga di Gormenghast è magnifico: questo libro, che è un mondo intero, crea dipendenza e genera adepti. E io non vedo l’ora di trovarne di nuovi.
Il libro che vorrei ricevere è Il morto nel bunker. Indagine su mio padre di Martin Pollack (Keller, traduzione di Luca Vitali) perché, semplicemente, ho letto le prime pagine in libreria e non riuscivo a staccarmene. E poi perché Keller è una garanzia.
Dario Matrone, editor BIG SUR
Un libro che vorrei regalare a tutti è Il dono di saper vivere di Tommaso Pincio, uscito da poco per Einaudi Stile Libero, perché tutti meriterebbero, se non il dono di saper vivere, almeno quello di godere della scrittura di Pincio.
In cambio mi piacerebbe ricevere L’incubo di Hill House di Shirley Jackson (possibilmente nell’ormai introvabile edizione Fabula di Adelphi), perché è uno di quei libri che, anche senza averlo aperto, so con certezza irrazionale che mi piacerà.
Silvia Seminara, redattrice (stage)
A Claudia che vive a Londra, e a volte mi dice d’aver nostalgia dei libri italiani, regalerò Tirar mattina di Umberto Simonetta (ripubblicato quest’anno da Baldini+Castoldi). Perché lo sgangherato flusso di coscienza di Aldino, con i suoi pellegrinaggi e incontri notturni, è perfetto per quando si sta stretti in metro all’ora di punta, per riscoprire il troppo umano dietro il troppo urbano; ma anche per la notte, per quando abbiamo paura di non essere più così giovani e che libertà e scelta siano in conflitto.
Sarei felice se qualcuno mi regalasse L’Eternauta, capolavoro dell’historieta argentina e mondiale, di Héctor Oesterheld e Francisco Solano López (001 Edizioni, che ha recuperato le tavole originali e pare abbia inserito un eccellente apparato critico). Per me i regali migliori – le letture migliori – sono quelli che da una passione preesistente portano fuori dalla zona di comfort: in questo caso, dall’interesse per la storia recente dell’Argentina e le distopie profetiche al graphic novel di fantascienza.
Martina Testa, editor BIG SUR
Ne dico due di ognuno, narrativa e saggistica.
Regalerei La vita lontana di Paolo Pecere (LiberAria) alle persone che godono leggendo frasi ben pensate e ben scritte, e a quelle a cui piace che un romanzo sia un viaggio destabilizzante.
Regalerei Conversazione con Fabrizio Barca (Ediesse, a cura di Fabrizio Ricci) a tutte le persone di sinistra, perché contiene fatti e idee più importanti di quelli che ci stiamo intignando a commentare.
Vorrei che mi regalassero un romanzo scritto da una donna che fa spisciare dalle risate.
E vorrei – nella speranza di trovarci, di nuovo, fatti e idee più degni di quelli che mi intasano il cervello mentre scrollo il feed di Facebook e Twitter – che mi regalassero il saggio su Aldo Moro di Marco Damilano, Un atomo di verità (Feltrinelli). Con autografo e dedica se possibile, grazie.
Giulia Zavagna, editor SUR
Il libro che mi trovo a regalare più spesso, da quando l’ho letto, è Una vita come tante di Hanya Yanagihara (Sellerio, splendida traduzione di Luca Briasco) perché è lungo, straziante, imperfetto, ma fa quello che i libri dovrebbero fare sempre: rapire il lettore per la forza della storia che raccontano, costruire personaggi in carne e ossa, di cui non si potrà che sentire la mancanza, e smuovere qualcosa dentro, farci sentire umani.
In regalo vorrei un libro di cui non so nulla, di cui non ho mai sentito parlare e del quale è impossibile farsi un’idea se non leggendolo; una storia inaspettata, che mi mostri un punto di vista nuovo, lontano dal mio mondo. Nell’attesa, se dovessi farmi un regalo, sceglierei Incerta gloria di Joan Sales (Nottetempo, traduzione di Amaranta Sbardella).
Da tutta la redazione, buone feste – e buone letture!
Condividi