Esiste l’America Latina? Durante la FIL di Guadalajara si è molto dibattuto sull’argomento. Andrés Neuman, autore delle Cose che non facciamo, ha risposto alla domanda con questo testo.
Cogliamo l’occasione per ricordare che l’autore in questi giorni si trova in Italia per incontrare i lettori di Milano, Piacenza e Napoli.
Qui tutte le informazioni.
di Andrés Neuman
traduzione di Silvia Sichel
L’America Latina esiste, ma ha tante tensioni e tentacoli che in genere può essere avvistata solo dall’estero, dall’esilio o nel più totale sconcerto.
L’America Latina non esiste, ma forse esistere le converrebbe, almeno come orizzonte immaginario, come forza storica, come gruppo resistente.
L’America Latina esiste, ma lotta contro sé stessa, contro la sua tradizione autolesiva, i suoi leader che seguono le élite, le élite che sono veri governi, e perfino – purtroppo – anche contro la sua gente, che spesso scappa di corsa dalla parte opposta all’uscita.
L’America Latina non esiste perché è una casa che controlla ogni singola tegola, anziché ricorrere all’invenzione del tetto che potrebbe ospitare tutte le sue teste e moltiplicarle.
L’America Latina esiste perché di ogni pezzo fa una famiglia, di ogni fessura una frontiera, di ogni perdita un ricordo condiviso.
L’America Latina non esiste ancora come quadro politico, come azione civica, come braccio in grado di sollevarsi finalmente di peso.
L’America Latina esiste ancora nelle leggende che tramanda, nelle sue strade chiassose, in quei suoi pentagrammi peculiari, nella sintassi insolente dei suoi libri.
L’America Latina sembra non esistere per le sue leggi zoppicanti, le sue costituzioni intermittenti, il suo strano castello di burocrazie.
L’America Latina sembra esistere nelle parodie del suo folclore, negli uffici dove si fanno soldi con l’identità, nelle brutte cravatte molto più simili tra loro delle culture che rappresentano.
L’America Latina non esisterà mai per i tanti che non mangiano o mangiano male o si macerano, per i suoi disoccupati con le mani piene di vuoto, i bambini cui è negato il lusso dell’infanzia, le donne gravide di patriarcato autoctono, gli indigeni due volte depredati, i giornalisti ammazzati in diretta, gli studenti scomparsi nella notte dell’impunità.
L’America Latina esisterà sempre nella grammatica vicina di Andrés Bello, nella canzone nomade di Martí, in Henríquez Ureña che studia la propria ombra, in Suor Juana che insegna a cucinare apoftegmi ad Aristotele, in Bolaño che dona il fegato alla scienza panamericana, in Clarice Lispector che ricorda che sulla sua mappa ci sono altre lingue, in Parra che irride il connazionale Neruda, in Borges che conversa con il suo ipotetico gemello Alfonso Reyes, in Maradona che si libra sullo stadio Azteca un momento prima di cadere e cadere e cadere.
L’America Latina non può esistere come ranch svenduto, parcellazioni, recinzioni e restrizioni, come cucina o bagno degli ospiti industriali, come distillatoio di veleni finanziari o bave militari, come animale da compagnia rozzo ma fin troppo riconoscente.
L’America Latina è in grado di esistere come piatto di zuppa eterogenea, come arcobaleno sporco, come miracolo laico, come un immenso coro con diverse partiture, come un ponte che pensa su mari agitati, pescando sempre in abbondanza nelle proprie contraddizioni.
L’America Latina non esiste, è ovvio, anche se ciò che non esiste è una tentazione creativa, una provocazione per non smettere di farsi domande.
L’America Latina esiste, è ovvio, anche se per certi leader milionari e i loro milioni di complici, con la faccia più tosta dei muri più duri, alcuni popoli non sembrano esistere.
© Andrés Neuman, 2016. Tutti i diritti riservati.
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