Presentiamo oggi uno scrittore peruviano tuttora sconosciuto al pubblico italiano ma che è fra i più apprezzati nel suo paese.
di Raul Schenardi
Oltre a classici come il premio Nobel Mario Vargas Llosa, Manuel Scorza e José María Arguedas, l’editoria italiana negli ultimi vent’anni ha prestato abbastanza attenzione a quanto si veniva pubblicando in quel paese. Le Edizioni Gorée hanno pubblicato l’Opera poetica di César Vallejo in due volumi (con testo spagnolo a fronte, per la cura di Roberto Paolis e con un prologo di Antonio Melis), ma anche La ballata di Dante, di Eduardo González Viaña, Alejandro e i pescatori di Tancay e Quaderni peruviani di Braulio Muñoz. Tre titoli di Jaime Bayly, voluti dal compianto Angelo Morino, sono usciti per Sellerio e I genietti della domenica di Julio Ramón Ribeyro per La Nuova frontiera. Uno scrittore di rilievo internazionale come Alfredo Bryce Echenique è stato pubblicato da Guanda, ma poi ha trovato accoglienza anche in piccole case editrici (La vita esagerata di Martin Romana è stato pubblicato da Cargo, I grandi uomini sono così e anche cosà da Omicron). E un romanzo delizioso di Fernando Iwasaki (Il libro del mal d’amore) è stato pubblicato nel 2004 da e/o.
Proprio Alfredo Bryce Echenique ha dichiarato che Fernando Ampuero è “il grande successore” di Julio Ramón Ribeyro.
Nato a Lima nel 1948, prima di intraprendere la carriera di giornalista e scrittore Fernando Ampuero ha trascorso dieci anni da mochilero, con un sacco a pelo in spalla, girando per l’Europa e l’America Latina, spingendosi fino nella selva boliviana e alle Galápagos.
Il suo esordio letterario risale al 1972 con la raccolta di racconti Paren el mundo que acá me bajo (avventure di giovani peruviani negli anni Settanta che ascoltavano rock e fumavano marihuana), alcuni dei quali ripresi poi in Deliremos juntos, del 1975. E contemporaneamente inizia la sua parallela attività giornalistica.
Nel 1979 pubblica il suo primo romanzo, Miraflores Melody, incentrato su un gruppo di universitari con grandi utopie in testa che vivono a Miraflores, il quartiere dei benestanti di Lima. Ma è solo con la raccolta di racconti Malos modales, del 1994, che è convinto di aver trovato “la sua voce”. (In effetti vi figurano alcuni dei suoi racconti più belli e forse insuperati, come “Taxi driver sin De Niro” (che si può leggere qui) e “Pánico en la clínica de tartamudos”.)
Caramelo verde, del 1992, è finora il suo romanzo più riuscito, un successo di vendite in Perù pubblicato in seguito anche in Spagna. Si tratta di un noir ambientato nel giro di riciclaggio di denaro sporco a Lima, durante anni di dura crisi economica, per il quale l’autore in effetti preferisce la definizione di romanzo “realista”, e di cui dice che è principalmente un romanzo d’amore.
Bicho raro, del 1996, è un’altra raccolta di racconti, genere che l’autore preferisce di gran lunga e che continua a coltivare anche se le sirene del mercato editoriale spagnolo gli chiedono a gran voce romanzi. Spiccano in particolare: “Cuarto del oeste”, dove due fratellini monelli ne combinano di cotte e di crude nella vecchia casona familiare, fino a “vegliare” a modo loro (denudandole nella bara un seno per baciarlo) la bella, giovane e affascinante zia Elenita. E “Criaturas musicales” (che si può leggere qui), dove un marito sveglia la moglie perché assista con lui a uno special televisivo su Maria Callas, ricevendo in cambio un insulto. Le diverse sensibilità maschili e femminili, soprattutto nella vita di coppia, sono la tematica principale di un’altra raccolta: Mujeres difíciles, hombres benditos (Alfaguara, 2005) (Qui si può leggere il racconto “Voces”) .
La particolare abilità di Ampuero nel racconto gli è valsa nel 1998 la pubblicazione dei suoi Cuentos escogidos in una collana di Alfaguara dedicata ad autori di racconti latinoamericani della statura di Cortázar, Onetti e Monterroso.
Poi sono venuti una serie di romanzi: Hasta que me orinen los perros (Planeta, 2008), che è la riscrittura del racconto “Taxi driver sin De Niro”, il cui protagonista assume qui il ruolo di leader della banda di taxisti che si dedicano a rapire clienti ubriachi, e l’atmosfera noir si fa più densa perché non arretrano di fronte alla tortura per strappare alle loro vittime i dati della carta di credito. Il racconto originario, che figurava nella raccolta Malos modales, e che resta uno dei più belli di Ampuero, ricevette caldi elogi dal supplemento letterario del “Times”, e al di là della trama noir è una rivisitazione di un tema caro all’autore: l’inversione dei ruoli e la deformazione delle situazioni nel passaggio fra primo e terzo mondo. Se la sua narrativa si nutre dell’immaginario cinematografico quasi fino al calco o all’uso degli stereotipi (Mabel, la protagonista femminile di Caramelo verde, è la classica femme fatal, sia pure nelle vesti di una Cenerentola), non trascura mai, anzi, mette al centro le specificità del subcontinente americano.
Puta linda, del 2006, è la storia di una prostituta che arriva a frequentare le più alte autorità militari peruviane durante la presidenza di Fujimori e racconta la sua storia a un giovane aspirante scrittore che s’innamora e la paga solo per ascoltarla e tradurre in un romanzo la sua storia. Anche qui a farla da padroni sono l’erotismo e l’ironia, ma secondo molti critici si tratta del romanzo meno riuscito di Ampuero.
El peruano imperfecto (Alfaguara, 2011) è la storia di un giornalista e scrittore di Lima, “imperfetto” perché atipico – alto, elegante, un uomo di successo – e dunque grande tombeur de femme. Di qui una sequela di avventure amorose e incontri sessuali descritti senza mezzi termini. Un critico ha criticato l’eccesso di ricorso all’autobiografismo (Ampuero è alto 1,90, in tutte le foto appare elegante ed è indubbiamente un uomo di successo nell’ambiente giornalistico, letterario e mediatico), ma lui si fa forte di una dichiarazione del suo maestro e amico Juan Ramon Ribeyro, secondo cui le storie con un fondo biografico devono essere raccontate in modo tale che il lettore dica: questo mi sa di finzione, mentre affrontando racconti d’invenzione bisogna scriverli in modo che il lettore dica: “Ah, questo è successo davvero all’autore, è chiarissimo”.
El enano, del 2001, come specifica il sottotitolo: Historia de una enemistad, è la storia dell’inimicizia fra due giornalisti: l’autore stesso e un per niente fantomatico Hache (nel quale tutti in Perù hanno riconosciuto immediatamente César Hildebrandt). È il racconto di vent’anni di scaramucce giornalistiche e televisive (a volte trascese in pubblici scambi di insulti e di accuse pesanti) che ha appassionato i peruviani, tanto che si è vista una celebre conduttrice televisiva, amica di Hache, strappare e calpestare in diretta un esemplare del libro, e che nonostante svariate edizioni ha avuto pure un’edizione pirata (all’autore cercarono di venderla mentre era fermo in macchina a un semaforo). Da ascrivere al genere “vendetta letteraria”, El enano, che secondo l’autore sarà forse ricordato come un esempio di novela picaresca dei nostri giorni, come tutti i libri di Ampuero, anche se non si tratta di capolavori assoluti della letteratura, è estremamente divertente e si legge con piacere.
E questo ci porta all’altra faccia dell’attività di Fernando Ampuero (tralascio le sue raccolte poetiche, che non conosco): quella di un giornalista che ha coperto diversi incarichi rilevanti e che girava con la scorta per le sue inchieste sul mondo del narcotraffico e della corruzione nelle alte sfere del potere politico ed economico, tanto che uno dei suoi uomini di scorta fu colpito da una pallottola a una coscia a titolo di avvertimento. E lui in un’intervista ha affermato: «Ormai non scrivo più noir, ne sono un protagonista».
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