Domani ricorre l’anniversario della morte del controverso scrittore Hubert Selby Jr, lo ricordiamo pubblicando un suo profilo, tratto dal dizionario per autori La letteratura americana dal 1900 a oggi, curato da Luca Briasco e Mattia Carratello, edito da Einaudi. Ringraziamo l’autore, i curatori e la casa editrice.
di Fabio Cleto
Nato nel 1928 a Brooklyn, il giovane Hubert Selby Jr si arruola nella marina mercantile americana e contrae una grave forma di tubercolosi, che ne minerà il fisico e lo costringerà a un costante uso di potenti antidolorifici, avvicinandolo all’eroina. Impossibilitato a lavorare, pur privo di formazione letteraria è incoraggiato a scrivere dall’amico Gilbert Sorrentino: nasce così un selfmade writer che adotta metodo e stile dell’autodidatta Kerouac, ossia una sorta di prosa spontanea, scarna, immediata, scevra da filtri non solo di letterarietà, ma anche di correttezza sintattica, grammaticale e ortografica, a sfidare i principi stessi dell’intelligibilità. Il primo romanzo di Selby, Ultima fermata a Brooklyn (Last Exit to Brooklyn, 1964), definisce immediatamente l’universo narrativo ed emotivo dello scrittore, un universo radicalmente scabroso per il quale la scrittura scomposta di Selby risulta forma non solo possibile, ma necessaria: prostitute, eroinomani, disperati ai margini della società e della legalità, accomunati da un ordine di pervasiva violenza e assurdità. Il romanzo ha una straordinaria eco, suscitando l’entusiasmo di figure quali Allen Ginsberg e scatenando accuse di oscenità, che portano a una condanna giudiziaria in Gran Bretagna nel 1967; solo l’intervento di autori come Anthony Burgess e di critici come Frank Kermode spinge, in seconda istanza, a proscioglierlo. Quattro anni più tardi esce il secondo, scioccante romanzo, La stanza (The Room, 1971), allucinato monologo di uno psicopatico in attesa di giudizio che sogna vendette di violenza inaudita, seguito da The Demon (1976), apologo sulla banalità quotidiana del male, e da Requiem per un sogno (Requiem for a Dream, 1978), dramma imperniato su quattro personaggi segnati da diverse forme di dipendenza, da cui nel 2000 è tratto un film per la regia di Darren Aronofsky. Oltre a insegnare scrittura creativa presso l’Università della California del Sud, e a pubblicare i fortunati racconti di Canto della neve silenziosa (Song of the Silent Snow, 1986), Selby negli anni Ottanta si avvicina alla scrittura per cinema e televisione, partecipando anche in veste di attore alla versione cinematografica di Ultima fermata a Brooklyn, diretta da Uli Edel nel 1989. Ormai vera icona ed emblema di un’America turbata e affascinata dai propri rifiuti, dai propri margini sociali e istituzionali, celebrato in film documentari quali Hubert Selby, Jr.: Deux ou Trois Choses… di Ludovic Cantais (2000), e It’ll Be Better Tomorrow (2005) di Michael Dean e Kenneth Shiffrin, Selby collabora anche con il musicista Henry Rollins alla serie di letture, dialoghi e performance orali raccolte in Our Fathers Who Aren’t in Heaven (1990) e in Live in Europe 1989 (1995). Nel 1998 esce il sesto romanzo di Selby, Il salice (The Willow Tree), storia di violenza e amore fra un ragazzino nero del Bronx e un superstite dei lager nazisti, seguito dall’ultima opera, Waiting Period (2002), devastante messa in scena della psicosi autodistruttiva di un killer. Selby muore per insufficienza polmonare il 26 aprile 2004 a Los Angeles.
© Giulio Einaudi editore, 2011. Tutti i diritti riservati.
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