Pubblichiamo oggi un estratto da Messico istruzioni per l’uso dello scrittore messicano Jorge Ibargüengoitia. Buona lettura!
di Jorge Ibargüengoitia
traduzione di Francesca Lazzarato
Elenco di difetti da correggere
Esame di coscienza patriottica
[27 settembre 1974]
Devo lasciare il Messico per qualche tempo, quindi ho pensato di fare un esame di coscienza per stabilire che cosa mi irrita di più di questa nazione, il cui nome è sulla bocca di tanti demagoghi e che tuttavia è la mia patria, prima, unica e ultima. La verità è che più sono arrabbiato col mio paese e più lontano vado, più mi sento messicano.
In primo luogo devo ammettere che, geograficamente parlando, al Messico non manca niente. C’è di tutto: precipizi, pianure, montagne, deserti, boschi, fiumi che straripano, spiagge, ecc., sotto l’ala di un clima relativamente benigno. Soprattutto, c’è da scegliere. Se non ci piace il caldo, si va al fresco. Se non ci piace la montagna, si va in pianura.
Solo che il Messico ha dei difetti. Il principale è quello di essere popolato da messicani, molti dei quali sono complessati, impiccioni, avidi, sconsiderati e intolleranti. Ah, e molto chiacchieroni.
Alla maggior parte di queste caratteristiche, in parte responsabili del fatto che siamo messi come siamo, non vedo rimedio, né a breve né a medio termine.
Il messicano è complessato. Un tratto che non ha nulla di inesplicabile. Sarebbe strano che non lo fosse. Buona parte dei messicani vive della benevolenza governativa, che è come vivere nel ventre materno, luogo poco propizio allo sviluppo, quando si hanno quarant’anni. Un altro gruppo, più numeroso, è frustrato per via del proprio lavoro: chi ha imparato a fabbricare corde di agave deve fare il manovale; chi è bravo con l’aratro, vende peperoncini; chi sa preparare le campechanas, guida un taxi, e tutti, assolutamente tutti, sanno che le cose vanno bene solo a chi ha i soldi, cioè qualcosa che a loro manca, e che di conseguenza sono condannati a vivere nuotando e allungando il collo per non affogare.
Come se non bastasse, in genere il messicano è basso, grasso e olivastro, o, in alternativa, bassa, grassa e olivastra, e vive fra annunci pubblicitari in cui si vede gente bionda, bianca e alta, che corre sulla spiaggia, guida auto sportive e beve birra. Non c’è di che farsi venire i complessi?
Il messicano, come tutti i popoli educati secondo un’etica rigorosa – oggi caduta in disuso –, è convinto che il mondo sia pieno di buoni e cattivi. I buoni siamo noi, e i cattivi gli altri. Il passo successivo del ragionamento sta nel supporre che tutto quanto viene da fuori può contaminarci o, cosa più seria in termini messicani, denigrarci. Così sono nati diversi strumenti legali di censura preventiva, la cui funzione forse è anticostituzionale, ma sboccia dal più profondo dell’anima messicana, che per sua natura vuole impicciarsi di ciò che non la riguarda e cancellare ciò che la disturba.
Il messicano è avido. Perché? Probabilmente per fame arretrata. La maggioranza dei messicani ha visto tempi peggiori e si aspetta di vederne altri ancora peggiori. Ecco perché un poliziotto fermo a un angolo di strada redditizio è odiato da tutti gli automobilisti che passano e, allo stesso tempo, invidiato da molti.
Oltre alla fame arretrata, il messicano ha sul groppone un bel po’ di fregature. Sa di vivere in un mondo infantile, dove «chi non piange non poppa». Il che lo induce a forzare l’entrata nella vita. Avido non soltanto di soldi, ma di posizione, finge di non vedere la coda e va direttamente alla biglietteria, svolta dove gli conviene e provoca un incidente; se è un politico, assesta un colpo ogni volta che può, per vendicarsi di tutte le angherie subite in precedenza e in previsione di eventuali futuri disastri.
L’avidità è generale, non solo dei commercianti che alzano i prezzi quando i salari aumentano. Se è un tassista, il messicano fa di tutto per caricare sette passeggeri, e se è un pedone, fa di tutto per salire su un autobus dove non c’è assolutamente posto – nel caso non ne passasse mai più un altro.
Oltre che avidi, i messicani sono lamentosi e, peggio ancora, soddisfatti. «Non c’è niente da fare», dicono, «siamo nati così». Il che è una bugia. Tutti i difetti che ho indicato si potrebbero correggere, se qui non ci fossero «forze oscure» che cercano di incoraggiarli.
© Jorge Ibargüengoitia, 1974. Tutti i diritti riservati.
Condividi