Pubblichiamo una recensione del romanzo Scene da una battaglia sotterranea (Los pichiciegos) di Rodolfo Fogwill, di prossima pubblicazione per SUR. L’articolo, di Francesca Lazzarato, è uscito originariamente sul manifesto. Ringraziamo l’autrice e la testata.
di Francesca Lazzarato
Una guerra brevissima e catastrofica, scatenata da una dittatura che voleva recuperare consenso e che invece si ritrovò a fare i conti con quasi settecento vittime, un centinaio di suicidi e perdite economiche considerevoli. Una guerra fatta di bugie e intessuta di leggende, come quella dell’eroico pilota che avrebbe affondato da solo una portaerei nemica e che nella realtà era stato bombardato e ucciso prima ancora di poter salire sul suo aereo. Una guerra, infine, il cui ricordo viene diversamente celebrato proprio in questi giorni nei due paesi che ne furono protagonisti: l’Argentina, che provocò il conflitto invadendo le isole Falklands- Malvinas, e l’inghilterra, che lo vinse a maggior gloria di Margaret Thatcher, della quale Tony Blair, allora contrario al ricorso alle armi, dice ora di ammirare la decisione, affermando che al suo posto anche lui avrebbe fatto lo stesso.
Iniziata il 2 aprile del 1982 e conclusa il 14 giugno dello stesso anno, la guerra delle Falklands (chiamate Malouines dal francese Louis de Bouganville, in onore del porto di Saint-Malo dal quale la sua spedizione era partita) ha lasciato una traccia importante nella narrativa argentina, e il suo venticinquennale ha fornito l’occasione per rileggere o ripubblicare almeno due dei molti romanzi a essa ispirati.
Il primo è Los Pichiciegos di Rodolfo Fogwill, scritto durante il conflitto, pubblicato per la prima volta nel 1983 e ora edito da Interzona, ottimo editore indipendente di Buenos Aires: un testo fuori del comune firmato da un autore visionario, eccentrico, capace di disintegrare qualsiasi stereotipo o di servirsene per creare qualcosa di assolutamente nuovo. Nato nel ’41, brillante pubblicitario ed esperto di marketing incarcerato dalla dittatura argentina, professore universitario, poeta, romanziere, Fogwill è tradotto in Francia (nel 2006 è uscito il suo Muchacha Punk presso Passage du Nord-Ouest) ma del tutto ignorato dalla nostra editoria, che non ha preso in considerazione neppure questo feroce romanzo bellico in cui la guerra delle Malvine si trasforma in una terribile battaglia per la sopravvivenza, condotta da soldati sprovvisti di tutto, «morti futuri» privi di ogni speranza .
Nascosti in rifugi sotterranei, los pichis (il pichiciego è un animaletto simile alla talpa, che scava le sue tane sottoterra) negoziano con il nemico per procurarsi cibo, pile per le torce elettriche, sigarette. Non hanno la minima intenzione di combattere, vogliono solo salvare la propria pelle e quella dei compagni perché, giunti alle Malvine come soldati di un esercito nazionale, sono rapidamente diventati membri di una tribù senza passato né speranza di futuro e non hanno altra patria se non le gallerie in cui si sono rifugiati. Sulla rivista da lei diretta, «Punto de vista», una studiosa autorevole come Beatriz Sarlo scrive che quello di Fogwill è un romanzo fatto di corpi, di carne, di oggetti, nonché «dei numeri, delle quantità, dei pesi, delle distanze, dei mezzi» propri dei conflitti del XX secolo; una narrazione la cui materialità, senza voler insegnare nulla, mette in evidenza i paradossi e l’assurdità della guerra, la cui essenza è il tradimento. La patria tradisce i pichis, i pichis tradiscono la patria e se ne creano una effimera e tutta loro, quasi una società alternativa senza illusioni, di una coerenza delirante. Altro pregevole frutto letterario maturato sul velenoso albero delle Malvine è Las Islas di Carlos Gamerro – uscito per la prima volta nel 1998 e nuovamente pubblicato nell’aprile di quest’anno dall’Editorial Norma – che viene considerato una sorta di «romanzo totale» degli anni ’90, in cui il realismo si mescola e si confonde con la fantascienza, il noir, la parodia, il delirio paranoico: cinquecento pagine di narrazione serratissima che ruota attorno a un veterano divenuto hacker e deciso a far luce su aspetti oscuri, impunità consolidate, infamie consumate in segreto, bugie ufficiali, nella Buenos Aires di Menem in cui si aggirano i fantasmi dei caduti, o reduci per i quali la guerra non è mai finita.
E tutti giocano a un videogame in cui l’Argentina vince invariabilmente la guerra, finché un virus lo destruttura e introduce in esso il germe della sconfitta.
Los Pichiciegos e Las Islas non sono comunque le uniche opere di narrativa in cui l’Argentina ragiona, fantastica e si interroga sulle Malvinas. Scrittori come Rodrigo Fresán e Juan Forn, che non l’hanno combattuta, parlano della guerra in alcuni loro racconti , mentre Miguel Vitagliano in Los ojos así (Tusquets 1996) ha acidamente raccontato la visita papale in Argentina del 1982, vista attraverso gli occhi di una ragazza il cui fidanzato è partito per le Malvinas, e Paula Varsavsky ha affrontato, in Nadie alzaba la voz (Emecé 1994), il modo in cui la borghesia argentina ha vissuto un conflitto cui i suoi figli quasi non parteciparono (i coscritti inviati nelle isole appartenevano alle classi più povere). Ma la narrazione più spiazzante e bizzarra la si deve a Carlos Gardini, esponente di spicco di quel continente inesplorato che è per noi la fantascienza argentina. Scritto nello stesso anno dell’invasione, premiato da una giuria di cui facevano parte José Donoso e Borges e poi inserito in una raccolta pubblicata da Sudamericana nel 1983, Primera Línea (tradotto in italiano nel 1998 da Raul Schenardi per la rivista «Delos») è un racconto che oltrepassa i confini del genere per trasformarsi in parabola e in inquietante predizione. Le Malvine non sono mai nominate, ma risultano più che presenti nella storia del giovane soldato Cáceres, privo di piedi e di mani, trasformato in una sorta di robocop kamikaze e infine, quando il potere decide di fermare la guerra, privato delle protesi e gettato via come un rifiuto insieme ai suoi compagni (un destino non molto diverso da quello dei reduci americani dall’Iraq internati in ospedali lager).
Ed è accostando a queste narrazioni, a queste scritture della guerra certe notizie di oggi che si può misurare la capacità della letteratura di anticipare, svelare, penetrare la realtà: pochi giorni fa la ministra della difesa argentina, Nilda Garré, ha disposto un’inchiesta sull’operato del capitano di fregata Carlos Bianchi, accusato di maltrattamenti e torture ai danni dei propri soldati durante la guerra delle Malvine. Solo ora, dopo un quarto di secolo, i pichis possono finalmente chiedere ragione della fame, del freddo e della paura che patirono quando avevano diciannove anni, in un’isola ai confini del mondo.
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