Presentiamo oggi alcune poesie del poeta argentino Jorge Boccanera (1952), nella traduzione di Alessio Brandolini, tratte dalla raccolta Palma Reale, pubblicata ques’anno dalle Edizioni Fili d’Aquilone con una prefazione di Juan Gelman (di cui pubblichiamo un frammento). La raccolta ha vinto nel maggio 2008 l’VIII Premio Casa de América.
Jorge Boccanera ha vissuto in esilio in Messico e Costa Rica durante la dittatura militare argentina. All’attività di poeta – diversi suoi versi sono diventati testi di canzoni per artisti come Mercedes Sosa e Silvio Rodríguez fra gli altri – unisce quella di giornalista.
L’immaginazione a vele spiegate
Jorge Boccanera ha scritto Palma Reale in una foresta e la sua lettura evoca una frase di Goethe che si applica perfettamente al libro: l’artista grato alla natura, la quale ha creato anche lo stesso artista, restituisce alla natura una seconda natura; ma una natura più piena, desiderata: una natura umanamente perfetta.
In queste poesie c’è un unico racconto, quello dell’immagi-nazione a vele spiegate. Scrive il poeta: “Una lacrima verde ruota sulla lingua del giaguaro” o “Sotto, il vento congiunge i resti dell’universo” o “Quello che non è foresta è rovina”. Probabilmente qui Boccanera non parla soltanto della foresta della Costa Rica, bensì anche della sua foresta e dalla sua personale foresta. Il suo orecchio interno è di colui che sa ascoltare l’ostinato silenzio dei tronchi, la pioggia che dà il nome a ogni cosa, quello che racconta il serpente e l’anatra quando parlano d’amore.
Le prime quattro poesie
I
La selva está hecha a lápiz, punta fina
sobre papeles rotos, garabatos que se alzan en el aire y
[cajitas de música y el oso perezoso.
Una lágrima verde rueda sobre la lengua del jaguar.
Tierra tatuada, selva
con la palma en el centro que en un aire de reina
despliega su penacho, su cabellera de hilos, su serena ebriedad.
Abajo, el viento junta restos del universo.
I
La foresta è fatta a matita, punta fine
su fogli stracciati, scarabocchi che si sollevano in aria e
[carillon e il pigro orso.
Una lacrima verde ruota sulla lingua del giaguaro.
Terra tatuata, foresta
con la palma al centro che con un’aria da regina
distende il pennacchio, la chioma di fili, la sua serena ebbrezza.
Sotto, il vento congiunge i resti dell’universo.
II
Junco con el turbante desmañado y fruta en el penacho.
La Palmera,
faro del bamboleo,
bengala de cabeza reflejada en el río.
Su cabeza de pólvora ¿en qué piensa?
Arde viajando en su quietud.
Cuenta un naufragio en catedrales de hojas.
Calla una historia entre un temblor y un sueño.
Hay un niño que piensa construirla,
amarrando una estrella el extremo de un palo.
II
Giunco dal maldestro turbante e frutta nel pennacchio.
La Palma,
faro oscillante,
bengala a capofitto riflesso nel fiume.
Che pensa la sua testa di polvere da sparo?
Avvampa viaggiando nella sua quiete.
Racconta un naufragio in cattedrali di foglie.
Tace una storia tra un tremore e un sogno.
C’è un bambino che pensa d’innalzarla,
ormeggiando una stella all’estremità di un palo.
III
No habrá trago más fuerte que el corazón disuelto
de la selva. Hecho polvo lo guardo en los pulmones.
Va dormido, molido y en cenizas.
Hay un ángel expulsado del cielo: es el bosque.
Rueda con sus antorchas de silencio, sus pastizales altos,
sus martillos que trozan las verdes telarañas.
No hay más lugar que sus lugares.
Es un dios que no es nadie. Y es un dios.
III
Non ci sarà sorso più forte del cuore disciolto
dalla selva. Distrutto lo conservo nei polmoni.
Va addormentato, tritato e incenerito.
C’è un angelo scacciato dal cielo: è il bosco.
Gira con le sue silenziose torce, i suoi alti pascoli,
i suoi martelli che fanno a pezzi le verdi ragnatele.
Non c’è altro luogo che i suoi luoghi.
È un dio che non è nessuno. Ed è un dio.
IV
La rosa es una máscara,
oculta el rostro de la selva,
barro verde.
Furia que no envejece.
Como la respiración contenida de un dios.
Lo que no es selva es ruina.
IV
La rosa è una maschera,
nasconde il volto della foresta,
fango verde.
Collera che non invecchia.
Come la respirazione trattenuta di un dio.
Quello che non è foresta è rovina.
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