Pubblichiamo oggi la prefazione all’edizione americana di Requiem per un sogno. Il testo è uscito nel 2000, anno in cui Darren Aronofsky stava ultimando le riprese dell’omonimo film di culto tratto dal libro.
di Hubert Selby Jr.
traduzione di Martina Testa
Requiem per un sogno è stato pubblicato per la prima volta nel 1978. È estremamente gratificante sapere che è ancora in commercio e che sta per uscire in una nuova edizione. E poi ne stanno facendo un film, la produzione dovrebbe iniziare quest’anno a metà aprile. Quindi il libro è ancora vivo e vegeto (come me).
C’è qualcosa di bellissimo e paradossale nel fatto che tutto ciò stia succedendo ora, durante un’epoca di «prosperità senza precedenti». Per molti, il Grande Sogno Americano si sta avverando. Ovviamente, io credo che inseguire il Sogno Americano non sia soltanto futile ma autodistruttivo, perché in ultima analisi distrugge tutto ciò e tutti coloro che coinvolge. Lo fa necessariamente, per definizione, in quanto alimenta tutto tranne le cose importanti: l’integrità, l’etica, la verità, il nostro cuore e la nostra anima. Perché? La ragione è semplice: perché la Vita/la vita consiste nel dare, non nell’avere.
Non sto dicendo che dobbiamo donare tutto ciò che abbiamo ai poveri e ai senzatetto – ai milioni di loro che ancora esistono in mezzo a quest’abbondanza – metterci il cilicio e girare per le strade con una scodella da mendicante in mano. Questa, in sé e per sé, non è un’attività che nutre lo spirito più della ricerca dell’«avere». Io non ho paura dei soldi e di quello che possono comprare. Mi piacerebbe avere una casa piena di roba – ma ovviamente mi servirebbe prima una casa. Mi è capitato di soffrire la fame, e nella fame non ci vedo nulla di nobile. Così come non vedo nulla di nobile nel mangiare da gran signori, anche se mangiare è sicuramente meglio. Ma credere che accumulare roba sia lo scopo della vita e l’obiettivo a cui puntare è una follia.
A me sembra che tutti noi abbiamo un nostro sogno, una nostra visione personale, il nostro modo particolare modo di dare, ma che per molte ragioni abbiamo paura di seguirlo, o anche solo di riconoscerne e accettarne l’esistenza. Ma negare la nostra visione equivale a venderci l’anima. Accumulare significa vivere una menzogna, voltare le spalle alla verità, mentre le Visioni sono momenti in cui intravediamo la verità: è evidente che non c’è nulla di esterno che possa davvero alimentare la mia vita interiore, la mia Visione.
Che succede quando volto le spalle alla mia Visione e spendo il mio tempo e la mia energia ad accumulare la roba di cui è fatto il Sogno Americano? Mi viene l’ansia, sono a disagio nella mia stessa pelle, perché il senso di colpa per aver abbandonato il mio «Io/io», per aver abdicato alla mia Visione, mi costringe a chiedere scusa per la mia esistenza, ad aver bisogno di dimostrare quanto valgo affrontando la vita come fosse una gara. Devo continuare ad accumulare roba nel tentativo di placare e soddisfare quel vago senso di malcontento che mi striscia dentro.
Certo, non tutti vivono questo tormento, ma un sacco di persone sì, e non capiscono cos’è che non va. Sono sicuro che gli psicologi hanno un termine per indicare quest’ansia evanescente, ma è la causa ciò che ci distrugge, non il nome che le diamo. Ci sono sempre milioni di persone che sembrano passarla liscia quando fanno le cose che a noi sembrano abominevoli, e perfino prosperare. Senz’altro l’impressione che danno è questa. Eppure io so per esperienza, nella maniera più assoluta, che in questa vita nessuno ti fa sconti e che alla fine tutti noi dobbiamo assumerci la piena e totale responsabilità delle nostre azioni, di tutto ciò che abbiamo fatto e non fatto.
Questo libro parla di quattro individui che hanno inseguito il Sogno Americano, e dei risultati del loro inseguimento. Non hanno riconosciuto la differenza fra la Visione che avevano nel cuore e l’illusione del Sogno Americano. Nel seguire la menzogna dell’illusione, gli è diventato impossibile vivere la verità della loro Visione. E di conseguenza hanno perso tutto ciò che avevano di prezioso.
Purtroppo, temo che non ci sarà mai un requiem per il Sogno, semplicemente perché ci distruggerà prima che ci sia data l’opportunità di piangerne la morte. Ma forse il tempo mi darà torto. Come diceva Hemingway: «Non è bello pensare così?».
Hubert Selby Jr.
Los Angeles, 1999
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